Addio a Severino Cesari, fondatore di Einaudi Stile Libero
«[…] Avevamo la consapevolezza che ci fossero un sacco di libri che non erano ancora stati fatti. Era uno spazio enorme che noi conoscevano benissimo perché era il frutto di anni di lavoro durante i quali avevamo incontrato molti dei nostri futuri autori e lettori».
Era il 1996 quando Severino Cesari parlava così. L’editoria era in fermento e si stava muovendo, ma non sapeva bene in che direzione. I critici erano ancora nomi temuti e le pagine culturali dei giornali luoghi capaci di osannare o decapitare per sempre un libro o un autore. La distinzione tra letteratura alta e di consumo era un discorso accennato ma in cui non si credeva per davvero: l’intrattenimento non era vera letteratura, gli editori, i grandi per alcuni motivi, i minori per ovvi altri, non volevano o sapevano fare un passo azzardato. Era il 1996, e Severino Cesari, insieme a Paolo Repetti, fondò Einaudi Stile Libero, la collana con costa gialla grazie alla quale conosciamo la nostra generazione di scrittori cannibali che venne fuori, forte della propria diversità, grazie all’intuizione e al coraggio di aiutare l’editoria di casa nostra a diventare più giovane e grande insieme.
Poco più di vent’anni dopo, a quasi 66 anni, Severino Cesari ci lascia dopo aver lottato per anni con un cancro di cui raccontava molto tramite la sua pagina Facebook. Editor e giornalista culturale di immensa empatia e fiducia nei “suoi” scrittori, ha avuto il pregio di investire nella letteratura sfidando regole e pregiudizi, Stile Libero fu considerata un’avventura giusta perché era rischiosa: «per decidere se pubblicare», diceva Cesari, «ci chiedevamo è una prima volta? È una narrazione mai vista o una voce mai sentita? Sentivamo che la società italiana non era ancora stata narrata. Per questo la nostra vocazione è stata narrativa».
Un lavoro sempre al servizio della parola scritta e del suo autore, con competenza e conoscenza come uniche armi.
di Giusy Patera