Bitcoin, la cripto-moneta della smarginatura

Una strana moneta s’avanza. S’avanza originando dai sotterranei del web, ossia dal “black Internet”, dalla zona buia, nascosta della rete, ma ormai alla luce abbagliante, accecante dei mercati. È il bitcoin, ossia la bit-moneta. Vale a dire soldi irreali, virtuali, relativi a meri chip e bit di circuito elettronico. Tanto impalpabile e immateriale che, però, il mercato mondiale di questa cripto-moneta sembra si aggiri ormai attorno alla cifra astro-spaziale di 400 miliardi di dollari, e che il suo cambio ufficiale oscilli attorno agli 8.000 $. Si dice cripto-moneta perché nessuno sa chi la emetta, chi la garantisca, chi ne stabilisca il cambio rispetto alle altre divise internazionali.

Chi soprattutto la venda, dato che anche le caselle di posta elettronica di normali bradipi della tastiera cominciano a essere invase da offerte d’acquisto di bitcoin, con regali d’ingresso e incentivi d’ogni tipo per farli entrare in questo smart-market del nuovo modo di coniare e battere moneta nel nuovo millennio. Inoltre da quali meccanismi o speculazioni sono governate le improvvise valutazioni e svalutazioni che sempre più spesso si registrano, oscillanti fino al 20% – in positivo o in negativo – del loro valore. Tanto che l’Esma, l’Autorità europea per la supervisione degli strumenti finanziari e dei mercati avverte: “Si osserva una rapida crescita delle Ico nel mondo e si teme che gli investitori non si rendano conto dei rischi elevati che si prendono”. “Ico” sta per “Initial Coin Offering”, ossia le offerte iniziali di ingresso incentivato. L’ente europeo mette in guardia gli investitori europei sull’alta volatilità strutturale della bitcoin e che – in caso di controversie legali – essi non potranno appellarsi a nulla, dato che le “Ico” sono basate sulla Blockchain Tecnology e come tali “non rientrano nel campo di applicazione delle leggi e dei regolamenti europei”.

La tecnologia detta Blockchain si basa su una serie consecutiva di blocchi o nodi informatici legati tra loro a catena. Tali blocchi si riconosco e si “autocertificano” elettronicamente a vicenda. Ogni scambio, ogni transazione che avviene in un blocco è automaticamente codificata, registrata, tracciata, ossia leggibile e quindi “bit-garantita” tra tutti gli altri blocchi diramanti dalla catena. Ogni modifica o eventuale contraffazione che avviene su un nodo è segnalata e bloccata in tempo reale sulle altre connessioni nodali. Per questo la Blockchain si autodefinisce intrinsecamente inalterabile, immodificabile, immune da corruzione, e dunque senza alcuna necessità di un garante esterno, Banca, Zecca o organo di controllo statale o sovrastatale che sia.

Ora già il concetto di “catena” e il mirabolante sistema di offerta incentivata in rete conduce facilmente all’idea della atavica, arrugginita “Catena di Sant’Antonio”. Una catena tanto poco elettronica quanto ferreamente garantita solo dal punto di vista della sua esplosione a mo’ di bolla speculativa e di vera e propria truffa finale. Truffa e bolla destinate a rovesciarsi dai primi anelli della catena sugli anelli via via successivi, fino agli ultimi arrivati. Anche perché la bitcoin non è per niente accaparrata per fare acquisti garantiti in rete di merci varie. No, di essa si fa incetta solo con il miraggio di vederne accrescere il valore di scambio sul web-market globale e dunque per lucrarne abbacinanti profitti speculativi. Meraviglia che Beppe Grillo – in un recente comizio elettorale in Sicilia – abbia inneggiato proprio alla vertiginosa crescita del valore speculativo della Bitcoin, senza ammonire anche degli elevati rischi che si possono correre. L’offerta in rete, infatti, come detto, si rivolge ormai sempre più insistentemente anche ai piccoli risparmiatori e tende a rastrellare, pescare a strascico cifre persino di poche migliaia o centinaia di euro.

Questo aspetto, però, può interessare solo la schiuma caotica delle mareggiate e risacche finanziarie di superfice. Osservato dal sottosuolo il fenomeno assume tutt’altro valore e significato. Le squassanti burrasche borsistico-speculative che potrebbero verificarsi sul pelo delle pozze d’asfalto monetario possono infatti anche essere prima o poi regolate, governate. Così come avvenuto con il catastrofico crollo della Borsa di Wall Street, a New York nel 1929. Crollo che travolse tutto il pianeta, ma dal quale è scaturito un successivo e più avanzato equilibrio politico-economico, chiamato in America “New Deal” e via via definito – nel resto del mondo occidentale – come “modello keynesiano della politica dei redditi”. Oggi, infatti, la Cina e la Russia stanno già operando per tentare di ricondurre il fenomeno sotto il proprio controllo. Da una parte, infatti, temono che esso possa travalicare, anzi sconvolgere completamente i loro rispettivi assetti monetari e finanziari; dall’altra cercano di elaborare rapidamente una modalità che sia altamente tecnologica e insieme oculatamente politica per sfruttarlo a fini delle proprie mire geo-strategiche. Ma proprio in tentativi simili è insita la contraddizione più sotterranea del nostro presente. Come può una complessa e ramificata struttura elettronica, connessa non fisicamente ma tecno-virtualmente essere ingabbiata dentro confini, frontiere, barriere, dogane di tipo territoriale o bancario che siano. Non solo – come insegna il vecchio Hegel – basta porre il limite per porre simultaneamente il suo superamento, ma qui siamo a uno strumento che per default – ossia nell’intimo di ogni suo atomo di silicio o di grafite – è già progettato e configurato per essere il senza-limite, il senza-più margine. Non a caso la piattaforma su cui galleggiano la Block Tecnology e la Bitcoin si chiama “Ethereum”. Come possono l’etereo, la nube, il Cloud lasciarsi incatenare da qualche parte e per qualche fine che non sia la stessa espansione indefinita della ramificazione auto-connettiva e auto-avvalorantesi? Si può coltivare l’illusione di farlo, ma per inseguire tale miraggio si deve talmente potenziare la rete e la sua logica più intrinseca da ritrovarsi alla fine avvolti e – anziché usare essa – essere usati da essa.

In questa inedita luce sotterranea vanno riconsiderate anche le spinte indipendentiste, quali quelle della Catalogna o delle nostre Lombardia e Veneto. Se il confine fisico è dissolto, un’entità regionale può volere spingere le proprie frontiere elettroniche oltre lo Stato nazionale. Stato che pretende ancora di battere moneta reale sonante attraverso una Banca centrale e imporre tasse dall’alto di un’autorità tributaria tecnicamente e dunque anche fattivamente, politicamente superata, esautorata. Stiamo parlando naturalmente di una tendenza, non di una realtà già in atto. Una tendenza, però, che si manifesta anche come una spinta, una faglia in movimento nel sottosuolo del presente. La Catalogna è una delle regioni più ricche d’Europa, non solo di Spagna, con un ramificato tessuto di servizi pubblici, sociali e culturali molto avanzati, che potrebbe espandersi ancora di più se essa fosse libera dall’ammasso sotto cui la tiene schiacciata il peso considerato non più sopportabile dell’apparato di Stato. È sì una spinta egoistica, di spazio economico florido che vuole utilizzare le proprie risorse solo o quasi esclusivamente al suo interno, estranea se non proprio ostile alle sorti altrui, ma è un dato di fatto, una propensione inarrestabile, a cui rispondere con nuovi paradigmi epocali.

D’altronde ci sono già esempi di città e interi distretti industriali che adottano monete “complementari”. Come a Bristol, in Inghilterra, dove l’intera città ha emesso e usa il “Bristol Pound”, pur senza avere abolito la sterlina come moneta nazionale formalmente ufficiale. O in Svizzera, dove circa sessantamila imprese di varia grandezza e genere merceologico si scambiano beni e servizi attraverso la “Banca Wir”. Questo istituto emette e presta “crediti wir”, scambiabili solo tra i soci della banca. Proprio quest’ultima esperienza nasce dalla crisi mondiale del 1929 per fare fronte alla scarsezza di liquidità monetaria locale e internazionale che non permetteva alle aziende di compare, vendere e scambiare prodotti sulla scorta di un valore di riferimento certo.

Così nell’epoca della “smarginatura” esistenziale-elettronica planetaria è l’intera visione della politica, della società che bisogna cominciare a riconfigurare, oltre i vecchi confini nazionali o di sterile unità monetaria tra Stati, come è ora l’Europa.

di Riccardo Tavani

Print Friendly, PDF & Email