Le leggi italiane ed europee affermano: emigrare è lecito
L’accesa discussione pubblica sul flusso di migranti e profughi in Italia e in Europa degli ultimi anni e il visibile cambiamento politico a favore dei partiti xenofobi, razzisti e di tendenza fascista, rende forse necessario ed utile di indicare il quadro normativo e costituzionale nel quale il fenomeno delle migrazioni per motivi bellici, economici, politici e climatici deve essere trattato.
Il presente breve testo non pretende di descrivere in modo completo la situazione giuridica dello straniero migrante extracomunitario in Italia ed in Europa, ma vuole solo fornire alcuni elementi di una materia che appare complessa e poco trasparente, al punto che un ministro dell’interno di uno Stato membro per diverse settimane si è permesso di rifiutare il soccorso dovuto ad un gruppo di naufraghi e di ordinare alla capitaneria di un porto italiano di vietargli di scendere a terra.
In primo luogo va ricordato che ex art. 10 della Costituzione le condizioni giuridiche dello straniero sono regolate dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali, tra questi la CEDU (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) che all’art. 1 garantisce il diritto di ogni persona alla vita e alla incolumità fisica e psichica. È altrettanto garantito il diritto all’asilo secondo la Convenzione di Ginevra per i profughi del 1949 e 1967. Non è, poi, discutibile il divieto d’espulsione collettiva ex articolo 4 del IV protocollo della Convenzione Europea per la tutela dei diritti dell’uomo del 16 settembre 1963.
Meno conosciuto appare l’articolo 13 della dichiarazione Universale dell’Uomo e l’articolo 12 del Patto Internazionale per i Diritti Civili e Politici del 19 dicembre 1966, ratificato dell’Italia in data 15 sett. 1978 ove “ogni individuo è libero di lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio”.
Definire gli attuali movimenti migratori illegali appare pertanto del tutto errato e legalmente insostenibile. Una tale propaganda è in contrasto con l’articolo 2 dello stesso Patto Internazionale, dove gli stati si impegnano a rispettare e a garantire a tutti gli individui che si trovino sul loro territorio e sotto la loro giurisdizione i diritti riconosciuti dal Patto medesimo, senza distinzione di razza, colore, sesso, lingua, religione, opinione politica, origine nazionale, sociale, condizione economica o nascita.
Tra questi diritti emerge anche il diritto di recarsi alla più vicina Questura per chiedere alle autorità competente il riconoscimento come profugo o perseguitato politico e per ottenere un permesso di soggiorno sia per un breve periodo, sia per lavoro o studio.
E’ vero che gli Stati firmatari possono in caso di emergenza nazionale sospendere ex art. 4 del patto, il diritto dei migranti contenuto nel Patto Internazionale del 1966, ma tali deroghe devono essere approvate nel relativo Parlamento in base a una effettiva esigenza di emergenza, ed altrettanto debbono essere comunicate immediatamente al segretario generale del ONU.
Non risulta dalle carte dell’ONU che l’Italia abbia denunciato e praticato per motivi di emergenza nazionale una deroga all’art. 12, comma 2, ex art. 4 del Patto Internazionale per i Diritti Civili (ICICCPR).
Anche solo da questi pochi elementi appare evidente, come certe politiche per “regolare” la migrazione, siano in contrasto con la normativa sia nazionale, sia internazionale e che servono soltanto a criminalizzare le persone aventi diritto, per istigare all’odio razziale e/o nascondere dinnanzi all’opinione pubblica le cause dei flussi migratorie verso i paesi dell’Europa.
di Joachim Lau*
*Presidente della IALANA Italia (Associazione Internazionale Avvocati contro le Armi Nucleari), attivista e difensore dei diritti politici e civili umani. Vedi Stampa Critica N. 21/2014, 15 nov. 2014.