LE MANI SULLA CERTOSA

La Certosa di Trisulti, presso Collepardo, riconosciuta dallo Stato come “monumento nazionale”, è un tesoro di inestimabile valore. Sorge tra le querce alle pendici dei monti Ernici, circondata da un ambiente naturale ricco e interessante, ed è colma d’arte e di storia. Oltre alla chiesa abbaziale e ad una biblioteca di 36.000 volumi, ha al suo interno un’antica farmacia monastica adorna di affreschi settecenteschi, entrambi più unici che rari.

E poi, le abbazie e le certose hanno costellato per secoli l’Europa intera, costituendo, quando ancora non esistevano le università, preziosi centri di conservazione ed irraggiamento della cultura nel nostro continente. Erano centri di cura, e di trasmissione delle competenze medico-erboristiche, quando ancora non esistevano ospedali né ambulatori. Ed erano aziende essenziali per l’economia dell’epoca, la cui organizzazione è tutt’oggi studiata e imitata.

L’Italia ha moltissimi tesori d’arte e di storia. Abbiamo la più grande concentrazione al mondo di opere d’arte e di patrimoni dell’umanità, come pure un ambiente con la più alta biodiversità al mondo. Ma qualche volta sembriamo dimenticarcene. Sembra che tanta bellezza sia un peso, più che una ricchezza.

Per questo voglio raccontarvi la storia recente di Trisulti, e di come la politica ha gestito un tale patrimonio ambientale, storico e artistico.

La cronaca è banale. Il MiBAC (Ministero dei beni ambientali e culturali) ha deciso di dare in affidamento la Certosa ed a tal fine ha bandito una gara: servono soldi per mantenere quel “peso”. A tutela, comunque, dell’interesse pubblico, la Certosa poteva essere assegnata esclusivamente ad un ente che avesse già dato buona prova nella gestione di un bene dello Stato. D’altronde, un bene così prezioso, unico storicamente ed artisticamente, non può essere affidato al primo che passa, solo perché ha i soldi.

Se tale era l’iniziale intento del MiBAC, sembra proprio che, nel corso degli eventi, qualcosa sia cambiata.

Intanto, ci si è accontentati che ci fosse un unico concorrente. Alcune malevole voci di paese mormorano che, in realtà, qualche altro concorrente sia stato dissuaso dal partecipare. Comunque sia, la mancanza di concorrenzialità è sempre potenzialmente dannosa. Ed è sospetta, soprattutto quando si richiede un prezzo relativamente basso per un monumento così grande e prezioso.

Un’interrogazione parlamentare e le manifestazioni di protesta degli abitanti hanno portato la vicenda alla ribalta della cronaca. Infatti, molte persone hanno disapprovato che la Certosa sia stata affidata alla fondazione Dignitatis Humanae Institute (DHI), presieduta da Benjamin Harnwell e vicina, secondo quanto riportano i media, a Steve Bannon, il discusso ex consigliere di Trump. È lo stesso arcipelago di enti e personaggi che sta dietro al recente congresso mondiale della famiglia. Ma cosa c’è di male? E perché tante proteste?

I motivi sono così tanti, che è difficile metterli in ordine. Cercherò di raggrupparli per argomento.

Prima di tutto l’aspetto normativo. Il DHI ha dichiarato (senza peraltro produrre documentazione) di aver in precedenza gestito un museo, ciò che soddisferebbe il requisito vincolante di aver gestito un bene culturale. Ma, secondo l’interrogazione e alcuni media (e qualche amico che a Collepardo ci vive), sembra che non sia vero; sembra anzi che quel museo neppure esista. La notizia andrebbe verificata da chi di competenza e, se fondata, toglierebbe ogni validità all’assegnazione.

In secondo luogo l’aspetto legale. Se così fosse, il DHI avrebbe commesso un reato, dichiarando il falso. E lo commetterebbe anche il ministro, se omettesse i necessari controlli, nonostante sia pubblico il sospetto di una falsa dichiarazione.

In terzo luogo l’aspetto politico-istituzionale. La Certosa non è soltanto un bene dello Stato, ma anche un “monumento nazionale” gestito dal MiBAC. La scelta di chi ne farà uso coinvolge il prestigio delle nostre istituzioni, anche a prescindere da leggi e regolamenti. Il problema è che Harnwell e il suo istituto sono piuttosto chiacchierati. Fanno parte di quell’intreccio (Novae Terrae, Dignitatis Humanae Institute e World Congress of Families) emerso a proposito di un processo per corruzione, e di un traffico di soldi attraverso le solite società offshore (vedere “Affari di famiglia”).  Secondo L’espresso (16 novembre 2018) “su questo sistema finanziario occulto sono in corso indagini in molti paesi, dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti, dall’Ucraina alla Danimarca. Secondo le prime ricostruzioni pubblicate dal Guardian e da altre testate del consorzio giornalistico Occrp, questa rete di offshore miliardarie è stata utilizzata dal governo di Putin, dai suoi servizi segreti, da oligarchi di Mosca e da alcuni regimi alleati per ripulire denaro, aggirare embarghi e finanziare operazioni segrete all’estero”. C’è un problema non trascurabile di opportunità, anche perché si tratta di indagini note, di cui hanno parlato gli organi di stampa e su cui è in corso un pubblico processo. Inoltre, secondo alcune dichiarazioni dello stesso Harnwell e non solo, sembra che l’intenzione degli affidatari sarebbe quella di istituire una “academy for the next wave of populist politicians” (www.politico.eu del 17 marzo 2019): “I leghisti verranno a scuola da noi. Aiuteremo i populisti europei a fare rete” (La Verità, 18 febbraio 2019). Ognuno professa le idee che ha, ma non in una sede che appartiene a tutti, e che ha un valore simbolico così speciale. Se il governo ha negato il patrocinio per il recente congresso di Verona, non può poi dare in affidamento agli stessi personaggi un bene culturale dello Stato. Se era inopportuno il patrocinio al congresso, a maggior ragione è inopportuno l’affidamento di Trisulti.

In conclusione, un bene prezioso, di alto valore simbolico, sarebbe stato affidato con una procedura scorretta e forse penalmente perseguibile, a un istituto di dubbia fama che vuol farne il pulpito da cui diffondere un “verbo” molto di parte, se non estremistico.

Sta di fatto che lo Stato italiano ha deciso di affidare a DHI la gestione di un bene pubblico di rilievo storico, artistico e culturale, attraverso il ministro dei Beni Culturali pro tempore, Dario Franceschini; mentre il ministro attuale (Alberto Bonisoli) non ha ancora annullato quella decisione. Èlegittimo chiedersi perché, visto che nessuno dei due è uno stupido.

di Cesare Pirozzi

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