Homo homini virus

Nella storia del pensiero filosofico, critico, ma anche scientifico ha sempre giovato la radicalità dell’esperimento mentale formulato per via paradossale. Pensiamo ai due celebri gemelli della teoria immaginati da Albert Einstein nella sua Teoria della Relatività, uno dei quali rimane giovane viaggiando per anni nello nello spazio alla velocità della luce, l’altro invecchia rimanendo sulla Terra. O a quello del filosofo inglese Thomas Hobbes che nella sua opera Il Leviatano, a metà del 1600, delinea uno stato originario di natura governato dalla feroce condizione dell’homo homini lupus, ossia dell’uomo che è lupo famelico nei confronti di ogni altro uomo. Da tale condizione, ipoteticamente originaria, fa scaturire la necessità dello Stato, al quale ogni individuo cede porzioni della sua libertà in cambio del patto di garanzia e protezione della propria vita.

Su questa scorta, figuriamoci che Covid 2, sfuggendo anche alla legge empirica dell’immunità di gregge, prevalga sull’uomo, e svuoti il pianeta della sua presenza, o la riduca a pochissimi esemplari, ben confinati in ristrette enclave geografiche e biologiche. Essi sopravvivrebbero in un’atmosfera terrestre che non è più composta soltanto di azoto e ossigeno, ma che sarebbe anche infestata da questa nuova invisibile specie dominante, micidialmente letale per lui. Domandiamoci, però, se anche la specie umana, ossia se l’Homo Sapiens, attualmente spadroneggiante, sarebbe lo stesso di oggi. Se anche esso non si troverebbe a far parte di una specie mutante, a causa della sua impellente necessità adattiva al nuovo ambiente implacabilmente ostile.

Uno scenario sì del tutto ipotetico, ma non logicamente impossibile. Anzi. Diversi studi – sulla scorta dell’esistenza di migliaia di specie virali potenzialmente letali quanto e più del Covid 2 – prevedono già la diffusioni di nuove, devastanti pandemie. Perché? Perché il vero grande fattore pandemico è l’uomo stesso. Non è letale soltanto per questa o quella, ma per la totalità delle specie e dell’ambiente naturale che le costituisce e insieme esse costituiscono. Tra l’insieme delle specie devastate vi è l’uomo stesso: homo homini virus. Per questo noi dovremmo comportarci come se quello scenario da puro esperimento mentale fosse davvero in atto. Etsi Deus non daretur, anche se Dio non fosse dato, nel senso di comportarsi secondo la giustizia naturale come se Dio non esistesse. Parafrasando si potrebbe allora dire Etsi Homo non daretur, come se la specie umana sapiens, attualmente dominante, non fosse più data. In latino, però, uomo si dice anche, nell’accezione del genere maschile, vir il quale, però, ancora oggi, è la vera espressione del potere patriarcale imperante nel mondo. Vir, non a caso, ha la stessa radice di vis, forza, energia, violenza, e anche di virus. Niente di più appropriato, dunque, dell’adattamento della massima di Hobbes all’attuale situazione pandemica: l’uomo virus per ogni altro uomo. Soltanto mettendoci concretamente nell’ipotesi come se l’uomo non esistesse più, e fin da oggi, noi potremmo aprire un’inedita scena dell’esistenza.

Scenario da applicare soprattutto in relazione alla produzione, al lavoro umano dominato dal potere economico e politico capitalistico. Dominio sta rapidamente approssimandosi alla soglia irreversibile della distruzione planetaria. La necessità strutturale, materialmente irrinunciabile per il capitale di realizzare profitto, costi quel che costi, svela proprio nella pandemia, il drastico conflitto con il volto umano iscritto dentro quello più vasto dell’ambiente naturale. La salvaguardia della vita, singola quanto collettiva, garantita nel patto immaginato da Hobbes, entra in aperto, non più componibile contrasto con le incomprimibili necessità economiche della produzione e della distribuzione di merci di tipo capitalistica. Hic Rhodus, hic salta, Qui è Rodi, qui salta, scrive Esopo in una delle sue Favole, per smascherare le vanterie di un atleta che afferma di essere stato capace di saltare tra un piede e l’altro alla base del Colosso di Rodi e di averne i testimoni. Il salto da un piede all’altro, tra la salute e lo sfruttamento lavorativo-ambientale del colossale piedistallo eretto dall’uomo oggi, è ancora più impossibile di quello favoleggiato nel 600 a.C. dallo sbruffone esopiano.

di Riccardo Tavani

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