I civili ucraini ed i pacifisti russi,sono costruttori di pace

Tra le vittime dell’invasione russa all’Ucraina c’è anche il movimento pacifista. Quello che manifesta il suo dissenso all’interno della Federazione, sono migliaia le donne e gli uomini finiti in carcere, e quello che si oppone al conflitto nelle nostre democrazie occidentali.

Certo, qui non si finisce nei blindati e non si viene arrestati ma solo screditati.
I pacifisti, quelli che non hanno dubbi su chi sia l’aggressore e chi l’aggredito, che sanno benissimo da che parte stare ma vogliono dire la loro sul “come” starci, vengono buttati nel mucchio degli amici di Putin.
Quelle donne e quegli uomini che, mentre altri lodavano l’autocrate russo e concludevano ricchi affari con la sua cerchia, ne denunciavano la compressione dei diritti civili e la riduzione degli spazi democratici vengono ora dipinti, al meglio, come equidistanti.

Sappiano, però, i commentatori e i politici di due fronti accomunati dalla mastodontica opera di propaganda che hanno messo in campo, che il movimento pacifista non ha alcuna intenzione di piegarsi né alla violenza poliziesca di Putin né, tanto meno, alla guerra di parole ingaggiata dalle nostre parti.
Dal movimento pacifista, quindi, nessuna equidistanza. Le persone di buona volontà sono vicine e sostengono i civili ucraini, i pacifisti russi, i costruttori di pace e condannano Putin, il suo governo e la sua politica. E proprio per affermare questo sentire non partecipano alla campagna d’odio, benedetta anche da Facebook, che rischia di precipitare il mondo in un disastro ancora più grave.
La guerra può essere fermata solo con le pressioni internazionali, con la diplomazia e con l’impegno dei movimenti pacifisti. Non certo buttando benzina sul fuoco. Coloro che propongo di fornire altre armi all’l’Ucraina conoscono benissimo l’enorme gap che divide l’aggressore e l’aggredito. E sanno che per bilanciare le due parti occorrerebbe mobilitare la forza della Nato aprendo così le porte ad una guerra mondiale. Anche se nessuno, al momento, è così folle da perseguire questa strada, il rischio di dottor Stranamore esiste così come sono concreti gli interessi dei complessi militar-industriali che già hanno incassato i ricchi incrementi della spesa in armamenti promessi dai paesi Nato.

E allora, se le promesse forniture di armi non possono bilanciare le forze in campo o cambiare le sorti della guerra, la scelta di prolungare il conflitto non significa forse trattare gli Ucraini come carne da macello in un gioco più grande di loro e che vede sul piatto gli equilibri geopolitici e militari globali?
Inoltre, forse all’interno della stessa strategia, l’invio delle armi non rischia di creare un nuovo Afganistan nel cuore dell’Europa?

Sappiamo che per combattere l’invasore russo, furono fornite le armi ai mujāhidīn. Quelle stesse armi che, in seguito, diedero ai Talebani la forza per conquistare il paese e renderlo un rifugio per il terrorismo internazionale. Purtroppo in Ucraina agiscono da tempo gruppi neonazisti e nel paese stanno arrivando contractor e volontari di estrema destra da tutto il mondo. Ma anche formazioni paramilitari cecene che si stanno disponendo su entrambi i fronti. Che ne sarà di loro e delle armi quando, speriamo presto, la situazione tornerà alla normalità?

La situazione è drammatica e solo impegnando le forze nella ricerca di un compromesso onorevole per tutti, nel salvataggio e nel soccorso alla popolazione colpita possiamo pensare di uscirne.


di Enrico ceci

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