Il trauma del Movimento 5 Stelle

“Movimiento es vida” non è solo una frase a effetto di Gerry Lane, il protagonista di World War Z interpretato da Brad Pitt: è anche una basilare verità esistenziale e terapeutica.

Da sempre la psicoanalisi, le cui conclusioni autori come Jung o Erich Fromm hanno ben presto esteso anche al piano della collettività, ci dice che per uscire da una crisi personale, da una stasi paralizzante, la cosa migliore da fare è spegnere la testa e aprirsi alla vita, muoversi, fare il primo passo, uscire dalle corde. Su un piano sociale, politico e collettivo, possiamo senz’altro affermare che i 5 stelle sono stati, sin dai loro esordi, sin dalla loro nascita del 4 ottobre del 2009, un significativo e importante Movimento, di nome e di fatto. Il giorno della fondazione, come sottolineato più volte da Grillo, è il giorno in cui tradizionalmente si festeggia san Francesco d’Assisi: patrono d’Italia, santo ribelle e poeta, sposo e apostolo della povertà. Il Movimento 5 Stelle si proponeva agli italiani con un obiettivo ambizioso e senza precedenti nella storia della Repubblica: raccogliere il dissenso che da decenni gli italiani provavano verso la classe dirigente, mandare in parlamento i cittadini normali, riportare in primo piano l’onestà e la trasparenza nei palazzi del potere, rivoluzionare, in una parola, il modo di fare politica in Italia con una radicalità inaudita. Il Movimento ha avuto il merito di incanalare la rabbia e il dissenso crescenti nei cittadini, ha dato l’enorme contributo di risvegliare moltissimi italiani, soprattutto giovani, alla passione politica e al senso civico, eppure appena entrato nelle stanze del potere, quello stesso parlamento che avrebbe dovuto “aprire come una scatoletta di tonno” ha inesorabilmente aperto e mangiato lui, trasformandolo in un “vaffanculo” senza più energia e voce. Come è finito, in questa legislatura, lo slancio rivoluzionario del Movimento? Non bene, bisogna ammetterlo.

Delle centinaia di parlamentari che rendevano i Grillini la prima forza di maggioranza ne restano solo una parte, confusa tra tentazioni di opposizione e un appoggio al governo Draghi ormai totalmente privo di identità. Gli altri? Per citare un vecchio e fortunato saggio di Umberto Eco: ci sono i fedelissimi di Di Maio, che si sono anche comprensibilmente integrati nei meccanismi del palazzo che avrebbero dovuto cambiare, rinnegando però paradossalmente gran parte dei valori per cui gli italiani li avevano votati, e poi ci sono gli apocalittici, finiti a ingrossare le fila sempre più inquietanti della “Resistenza al Regime”, come Paragone, o Sara Cunial. Ogni buon terapeuta ve lo dice: quando l’entusiasmo per l’inizio del cambiamento viene turbato dal ripresentarsi dei sintomi, il trauma che si voleva combattere si rinforza e viene meno la cosa più preziosa nella vita come nell’analisi: la speranza. Dire vaffanculo non basta, non è bastato. Questo ci insegna il trauma che è stato il Movimento 5 Stelle. Dallo studio, dalla competenza, dal rigore analitico e dalla preparazione dovrà ripartire qualsiasi nuovo movimento che si proponga di cambiare un Sistema che non è più sostenibile. E dobbiamo sperare che succeda, che un tale sano e serio movimento arrivi, altrimenti la rabbia e il dissenso che montano tra la cittadinanza italiana chi la intercetterà, chi la cavalcherà?

di Giacomo Fagiolini

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