Fascismo e antifascismo oggi!

Il dipinto in copertina è di Silvia Lucidi

Il fascismo di oggi, quello che definiamo ancora con lo stesso termine utilizzato da circa un secolo, quelle parodie che vediamo in giro per le nostre città e per i nostri paesi, è ancora e sempre uguale a quello che abbiamo visto durante il ventennio o a quello che, per parafrasare una vecchia canzone della sinistra, “combattemmo sui nostri monti e in Spagna? Se per fascismo intendiamo quelle ridicole scimmiottature di quella scenografia e iconografia ormai decisamente datata non possiamo che rispondere di no! Quel fascismo non c’è più! È stato sconfitto dalla storia, si è macchiato di ignominia con le leggi liberticide del 1925/26, ha rivelato la sua matrice razzista, inumana e servile con le leggi razziali del 1938, si è coperto di ridicolo l’8 settembre del 1943 ed è miseramente crollato il 25 aprile del 1945 sotto i colpi di una larga parte del popolo italiano, unito in una grande unità di intenti che ricordiamo con il nome glorioso di Resistenza. Quel fascismo, quella macchiettistica ubriacatura di camicie nere, di fez, di gagliardetti, di manganelli e di bastonature degli antifascisti o di semplici cittadini, solo perché non aderenti o non adoratori del regime, quel fascismo, per fortuna e grazie ai nostri padri ed alle successive prese di coscienza prodotte dal movimento studentesco ed operaio del 1968, non c’è più. Quel fascismo che ha incarnato ad un tempo “oppressione e sangue, volgarità e cattivo gusto” – perché “la caratteristica principale di una dittatura fascista è l’ignoranza, il disprezzo per la cultura, l’analfabetismo” (Oriana Fallaci) – è stato sconfitto e perennemente bandito dalle coscienze democratiche.

Ma temiamo che, così come avvenuto un secolo fa, dobbiamo fare i conti con una sorta di virus capace di mutare la sua struttura molecolare, di adeguarsi alle mutate circostanze e diventare idoneo ad obnubilare molte coscienze. La stessa Hannah Arendt, forse guardando a categorie politiche (direi quasi sociologiche) non certamente esaustive e cronologicamente pregnanti, ci ricorda che “Certamente il fascismo è stato già sconfitto una volta, ma siamo ben lungi dall’aver sradicato definitivamente questo male supremo del nostro tempo: le sue radici sono infatti profonde e si chiamano antisemitismo, razzismo, imperialismo”. Ci permettiamo, sommessamente, di pensare che alle tre cause indicate dalla Arendt, oltre alla normale evoluzione della realtà fattuale, mutata in seguito al cammino umano ed alla modifica dell’assetto politico nazionale ed internazionale, vada aggiunta una vergognosa distribuzione del reddito sia a livello nazionale che globale. L’imperialismo conosciuto allora, quello definito a partire dalla fine dell’Ottocento, è definitivamente cambiato ed i soggetti che operano sulla scena mondiale, vuoi per colpa dello sgretolamento della Unione Sovietica e vuoi per effetto della globalizzazione che sta immettendo sulla scena economica internazionale nuovi attori (Cina, India, Russia, Brasile ecc…), sono profondamente diversi da quelli che recitavano sulla scena mondiale negli Anni Settanta del secolo scorso. È in atto un grandioso processo di delocalizzazione della produzione industriale che non può non incidere sulla globale redistribuzione del reddito e sui rapporti di forza all’interno della stratificazione sociale globale. A tal fine, Don Aldo Buonaiuto, nel suo quotidiano telematico In Terris, ci ricorda che Oxfam (Oxford committee for Famine Relief) ha rilevato che i miliardari della Lista Forbes (solo 2153 individui) possiedono più ricchezza di 4,6 miliardi di persone. Insomma, 2153 paperoni detengono più ricchezza del 60% della popolazione mondiale! Nel rapporto si legge: “evidenziamo un fenomeno che mette a repentaglio i progressi della lotta alla povertà, mina la coesione e la mobilità sociale, alimenta un profondo senso di ingiustizia e insicurezza, genera rancore e aumenta in molti contesti nazionali l’appeal di proposte politiche populiste o estremiste”

Qualcuno risponderà che questo è il liberismo, che questa è la democrazia e che il mondo è sempre andato avanti in questo modo! Insomma, dobbiamo metterci bene in testa che non siamo di fronte ad una società in cui l’uomo è posto al centro di ogni valutazione e di ogni azione umana ma al centro di tutto c’è il denaro, la vil pecunia, lo sterco del demonio.

Forse nel mondo, potrebbe dire qualcuno, ma di certo non qui da noi, non in Italia!

Errore! Sempre Oxfam ci ricorda che in “In Italia, nel 2019, la quota di ricchezza in possesso dell’1% più ricco degli italiani superava quanto detenuto dal 70% più povero, sotto il profilo patrimoniale” e, sempre per non farci mancare nulla, che “il patrimonio delle 22 persone più facoltose del mondo era superiore alla ricchezza di tutte le donne africane messe insieme, vale a dire di oltre 600 milioni di persone”.

Beneficiari di tale accumulazione capitalistica sono ovviamente i pochissimi che, detenendo il potere economico e quindi il totale controllo dell’informazione, hanno imposto come il migliore dei mondi possibili quello che era ed è solo ed esclusivamente il loro mondo, il mondo del profitto e non dell’uomo! È in questa vergognosa distribuzione della ricchezza che si alimenta il virus dello scontento e della recriminazione sociale, il brodo di coltura del più bieco populismo! In ciò sta il problema! Negli anni passati il risentimento di quelle che un tempo venivano definite masse popolari si è auto incanalato, anche per la fattiva presenza di partiti e sindacati, verso forme di protesta collettiva e civile che hanno consentito ad una nazione uscita distrutta dalla seconda guerra mondiale di ricostruirsi e di ritrovare la democrazia distrutta dal ventennio fascista. Ed oggi? Spiace dirlo ma oggi non vediamo nel vicino orizzonte né i partiti, né gli uomini e nemmeno le organizzazioni democratiche di massa capaci di guidare ed incanalare il crescente disagio verso una dialettica politica che, rispettosa delle regole democratiche, favorisca una equa redistribuzione dei redditi e concorra alla piena attuazione dei principi costituzionali. Oggi siamo costretti a registrare un pericoloso distacco dalle istituzioni ed un pesante decadimento della coscienza collettiva e democratica. Oggi non riusciamo nemmeno ad impedire che il Direttore de La Repubblica venga fatto oggetto di minacce di morte. Oggi non possiamo fare altro che dare ragione a Blaise Pascal ed a quanto sosteneva secoli fa in merito al concetto di democrazia: “non essendosi potuto fare in modo che quel che è giusto fosse forte, si è fatto in modo che quel che è forte fosse giusto”.

Un secolo fa lo stato liberale non seppe cogliere le conseguenze economiche, culturali, sociali e perfino morali che erano state evidenziate dalla guerra e le violente accelerazioni che stavano provocando. Oggi dobbiamo impedire che la grave crisi economica ed occupazionale che si preannuncia possa sommarsi al vuoto lasciato da una politica miope, che ha degradato il patrimonio di umanità e di aneliti ad una società più giusta che gli uomini e le donne della Resistenza ci offrirono in dono e ci incaricarono di preservare e conservare per le successive generazioni.

Oggi abbiamo il compito di gridare con forza che adesso, ora, è venuto il momento di nuovamente elevare le nostre bandiere di libertà, giustizia ed eguaglianza, di chiamare a raccolta la stragrande maggioranza del popolo italiano che crede e si riconosce nei sacri valori sanciti dalla costituzione, di gridare con forza la necessità che la politica, quella con la P maiuscola, ritorni al popolo, di rinnovare il giuramento che i partigiani pronunciarono nel 1943 e di ribadire a chiunque coltiva tentazioni autoritarie e di rinascita di metodi antidemocratici che, come seppe scrivere Piero Calamandrei, “ai nostri posti ci troverai, popolo serrato attorno al Monumento che si chiama ORA E SEMPRE RESISTENZA!

Pietro Lucidi

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