7 minuti di dignità o sottomissione?
Undici donne. Undici diversità. Undici origini. Ma donne, ognuna con la sua paura, con la sua condizione sociale, con la sua voglia di rivolta. Accomunate da essere tutte nel consiglio di fabbrica che dovrà decidere se mantenere la dignità o essere nuovamente sottomesse alle cravatte (padroni). Mai nome fu più azzeccato per i padroni: cravatte. Un po’ come il padrone-maiale di Orwell.
Togliere 7 minuti alla pausa per mantenere il posto di lavoro e salvare la fabbrica.
Al teatro Vittoria di Roma va in scena “7 minuti” scritto da Stefano Massini, per la regia di Claudio Boccaccini, ed un cast interamente di donne: undici. Una frontalità recitativa che espande lo spazio e il tempo, inglobando la platea all’interno di una bolla crescente, contaminando gli spettatori con le stesse paure e dubbi. Un palco su cui si misurano in modo serrato, le undici donne, che cercano una soluzione demolendo dall’interno il proprio stato d’animo. Una grande capacità recitativa collettiva, fatta di scontro generazionale difficilmente sanabile.
Viviana Toniolo, ci regala con maestria, la forza della dignità di essere donna, senza togliere alla bravura delle altre attrici-operaie, Silvia Brogi, Liliana Randi, Chiara Bonome, Chiara David, Francesca Di Meglio, Marinè Galstyan, Ashai Lombardo Arop, Maria Lomurno, Daniela Moccia, Sina Sebastiani. Completamente immerse dentro una scenografia minimale, opera di Eleonora Scarponi, su cui campeggia un enorme orologio dai caratteri romani, fermo. Fermo alle 7.20. Fermo da anni, come da anni sono ferme le condizioni delle operaie. Come da anni non ci sono conquiste o diritti da acquisire, ma solo da togliere.
Una lotta senza esclusione di colpi, una guerra tra povere, scatenata dalla astuzia delle cravatte, che vogliono sono togliere diritti per continuare ad aumentare i profitti. Bianca rappresenta un passato che non ci sarà più, ma rappresenta la dignità e la liberazione della donna che prende coscienza del suo stato sociale e non vuole più cedere al ricatto del padrone. Le nuove generazioni, più frivole, ancora schiave del ruolo sociale loro imposto, chinano la testa e non rivendicano nulla, neanche il loro essere donna libera. Lo scontro sociale e etnico, talmente attuale da far riflettere sulla mancanza di accettazione e accoglienza, sulle paure ataviche di chi ha paura che quella paura diventi la nostra paura.
Una pallina che rotola in discesa, rosicchiando i minuti della vita, riportando l’esistenza femminile ai tempi in cui la donna era merce di scambio. Un rotolamento dei diritti che riassorbe le conquiste della vita.
Cambiare lo stato delle cose, questa la vera rivoluzione che ogni donna dovrebbe sostenere ed impegnarsi in prima persona. Cambiare il sistema e non starci dentro in modo passivo, ripete Bianca. 7 minuti sono il simbolo di una nuova speranza, che forse non si avvera, ma per sentirsi vivi e non rassegnati, vale la pena provarci. L’idea di un nuovo modo di essere donna e lavoratrice è una idea di liberazione e rivoluzione, che coniuga il cinema di Ken Loach con il teatro di Massini e Boccaccini.
La rivolta di Bianca è il non voler più essere sottomessa a nessuna cravatta in nessuna parte del mondo. Le donne sono le uniche che possono provarci a trasformare un’idea e una utopia in meravigliosa realtà.
Nicoletta Iommi Claudio Caldarelli