Un città dalle antiche origini: Corchiano

Corchiano è bellissima. Alta su un dirupo, un pugno di antiche case strette a farsi coraggio, in bilico sullo strapiombo. Sotto le rocce, in fondo, scorre il fiume, e lungo il fiume si intriga il bosco. Abitata dalla notte dei tempi, Corchiano ha origini antichissime. Lungo il Rio Fratta una serie di ripari in grotta testimoniano la presenza dell’uomo già in epoca paleolitica. Fu città falisca, l’antica Fescennium, alta su un pianoro difeso da due fiumi. Del periodo falisco conserva ancora sepolture eleganti, opere importanti di ingegneria idraulica, ponti e suggestive vie tagliate nel tufo. Di stampo e vocazione contadina, Corchiano galleggia in un verde tavolato dell’Agro Falisco coltivata a nocciole, viti e olivi. Quel che anticamente fu mare, oggi è una piana di tufo profondamente incisa dai corsi d’acqua, fertile terra rossa, con inverni clementi, estati assolate e numerose sorgenti d’ acqua. Il borgo medievale è cuore ancora vivo del paese. Le case affacciate sugli strapiombi chiudono piccoli spazi di vie strette e spicchi di piazze come salotti. Il gioco dei chiaroscuri rivela antichi portoni, innumerevoli finestre, archi e voltoni, ripide scale, storici palazzi e gli stemmi nobiliari. Tutto il borgo, sospeso sul fiume, converge in un anello di case grande quanto la parte estrema della rupe; al centro la mezza luna di una piazzetta curata. Ai muri lampioni in ferro battuto, vasi di fiori ai balconi, per i vicoli stretti un lastricato a spina di pesce. E dentro la rupe un traforo di cantine, profonde e lunghe, che formano un paese “di sotto”. Picchiate nel tufo, molte ancora svolgono la loro funzione originaria e non è difficile vederle aperte in tempo di vendemmia. Altre cantine, rimaneggiate con gusto, sono oggi straordinarie abitazioni per il fine settimana “fuori porta”. I resti di una rocca e una fontana a nove cannelle sono il segno indelebile della dominazione Farnese. Il borgo vecchio va visto anche da sotto in su. Basta scendere le vecchie scalette ricavate nella roccia, fino al livello del fiume. Lungo la rupe cammina una spettacolare rete viaria che percorre il fondo delle Forre, canyons tagliati dall’acqua e dall’uomo. Sono le strade che fino gli anni ’60 collegavano Corchiano ai paesi vicini. Strade di compromesso, tra l’acqua e la roccia, nel bosco, si snodano all’interno dei 40 ettari del Monumento naturale Forre di Corchiano, costeggiando rivoli, cascate, grotte naturali. Dove l’acqua del Rio Fratta nei millenni ha eroso la pietra si alzano altissime pareti di roccia a delimitare i sentieri. C’è vita nel bosco: scoiattoli, volpi e istrici. Nel cielo gli aironi solenni, e i voli di falchi e colombe. Si cammina tra massi coperti di muschio, radici aggrovigliate, profonde caverne e sorgenti. Lungo i sentieri le tracce dell’uomo: ripari preistorici, la necropoli falisca della Caprareccia, l’antica mola, la centrale idroelettrica. E’ qui, all’interno del Monumento delle Forre che si svolge ogni anno, da Natale all’Epifanìa, il presepe vivente. Si scende al presepe quando si fa buio, attraverso una imponente via di epoca etrusca tagliata nella roccia, con la luce del fuoco delle torce, e il tempo torna indietro. La cascata del torrente, l’antico ponte romano, le grotte scavate nel tufo sono quinte e fondali della rappresentazione teatrale che rievoca la Natività. Dalle tribune si assiste a una notte di Betlemme, coi suoi fuochi, i suoi commerci, i soldati romani a cavallo, i pastori e le greggi, i Re Magi. In una grotta vecchia di più di duemila anni, oggi come allora, un bambino nasce tra un asinello e un bue. 1 km a Ovest di Corchiano chiude il Parco delle Forre la chiesa rinascimentale della Madonna del Soccorso. Al suo interno, nella navata di destra, la Cappella del Paradiso, con gli affreschi attribuiti agli Zuccari. Non è l’unica chiesa di Corchiano a meritare una sosta. In centro al paese la Chiesa di San Biagio, del secolo XIV, conserva i quattrocenteschi affreschi di Lorenzo da Viterbo. La Via Amerina, l’antica strada romana, dal lastricato di basalto ancora intatto in alcuni tratti, costeggia l’abitato di Corchiano e lo collega all’Oasi WWF di Pian Sant’Angelo. Lungo la via Amerina, all’ingresso dell’Oasi WWF, la necropoli della Genitura, con le caratteristiche tombe a portico. Il monumento naturale dell’Oasi è un’area protetta di 264 ettari. Un bosco incontaminato sulle forre e al suo interno i monumentali resti del “Ponte del Ponte”, acquedotto e diga al tempo stesso. Alto 10 metri e largo 4 è una delle maggiori opere di ingegneria idraulica falisca. Vicino al Ponte del Ponte una delle tombe più belle: la Tomba del Capo, costruita tra il 350 e 240 a.C. la cui facciata è quasi interamente conservata. L’Oasi di Pian Sant’Angelo custodisce millenni di storia tra i boschi di erica. E la notte, d’estate, regala ancora la magìa pulsante di migliaia di lucciole.

di Daniela Baroncini

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