Sonia Bone Guajajara e i genocidi brasiliani: l’attivista punta alla vicepresidenza per difendere i popoli indigeni

Sonia Bone Guajajara è il primo candidato indigeno alla vicepresidenza della Repubblica brasiliana. Chi è? E’ un’attivista che da sempre lotta per la difesa dei diritti della sua gente. Insegnante, infermiera, politica, ha 44 anni e 3 figli. E’ un voce importante nelle Nazioni Unite, sede in cui ha spesso denunciato massacri ai danni dell’ambiente e delle popolazioni autoctone. Nel 2017 la cantante Alicia Keys le ha lasciato l’intero palco della manifestazione “Rock in Rio” e, sulla note di “Kill your mama”, Sonia ha difeso la demarcazione delle terre in Amazonia. 

Si è esposta tanto tra le file del partito socialista (Psol) per dare al Paese “un candidato indigeno e anticapitalista”. Dopo il caso di impecheament che ha posto fine al governo di Dilma Rouseff è subentrato l’attuale presidente, Michel Temer fortemente legato all’industria agroalimentare, settore che da anni miete vittime tra gli indios e ne sfrutta i territori. “E’ il peggior governo delle ultime due generazioni – ha dichiarato Guajajara -. La nostra alleanza con gli ultimi ha come obiettivo lo sbarramento alla strada dei latifondisti”. 

Nel 2015 è stato approvato dalla Camera l’emendamento costituzionale Pec215 che pone fine al processo di demarcazione delle terre indigene in Brasile. Non significa solo interrompe un’eventuale espansione dei territori indigeni; equivale anche alla possibilità di mettere mano ai confini prestabiliti fino ad oggi. Questo può voler dire solo una cosa: espropriazioni. Per Guajajara il Pec è “uno degli strumenti di violazione, negazione e ritrattazione dei diritti indigeni”. 

L’attivismo di Sonia nasce nella foresta Maranhao, dove vivono appunto le popolazioni indigene Guajajara e Tentehar. Una resistenza la loro che si stima durare da circa 400 anni. “E’ molto difficile essere indigeni oggi e ancora di più essere parte della leadership perché le forze politiche ed economiche vogliono dominare, manipolare, uccidere, rubare, invadere e distruggere ogni cosa ci riguardi”. Di questa intera Regione oggi gli indios possono controllare appena undici terre: “Viviamo in una costante situazione di pericolo a casa nostra”. Il discorso però non si limita ai soli confini: in Brasile è in corso da anni una vera battaglia tesa a distruggere la cultura, gli usi e costumi degli indios. I leader delle varie tribù sono spesso uccisi da agricoltori, squarter e pistoleros. Nel 2017 i tre maggior esponenti politici, Sonia, David Kopenawa Yanomami e Raoni Metuktire, denunciarono un vero genocidio in atto nel loro Paese. Un genocidio che si traduce non solo in omicidi, ma anche nella distruzione delle terre e nell’inquinamento irreparabile dei fiumi. A gennaio 2017 sono stati mutilati con un machete diversi allevatori del gruppo indiano Gamela. Ad agosto dello stesso anno dieci indios sono stati massacrati nella Valle di Javari. 

Dal cuore della foresta pluviale si eleva un grido: a oggi sono oltre 200 le comunità coinvolte nella protesta. La politica sembra tuttavia ignorare le loro richieste e in tutta risposta sono stati disposti altri tagli al FUNAI (Fondo di Protezione delle Popolazioni Indigene). Sonia Bone Guajajara si candida nel tentativo di cambiare le cose: per tutelare l’esistenza di una delle popolazioni più antiche del mondo. 

di Irene Tinero

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