Black Rain – Ridley Scott

Nick è un poliziotto ipercazzuto che ha una morale tutta sua e si frega qualche soldino dai bottini degli arresti, perché in fondo è giusto così. Come sempre, in tutti i polizieschi, Nick è malvisto dai suoi principali nonostante sia in grado di scoperchiare da solo mezza criminalità organizzata di una metropoli. Charlie è il suo amico ventottenne messo lì per strappare qualche sorriso, fargli da spalla e fornire un contraltare alla sua seriosità da noir dei poveri. Nick arresta Sato, uno della Yakuza ma il suo capo lo obbliga ad accompagnarlo in Giappone sotto pressione dell’ambasciata. In Giappone glielo ciulano sotto il naso ma siccome lui è ipercazzuto allora riesce a svolgere indagini migliori di quelle dei colleghi nipponici nonostante non capisca una beneamata di giapponese e nessuno voglia dargli informazioni utili alle indagini. Praticamente un supereroe. Finale molto molto a sorpresa.
Premessa questa trama entusiasmante, occorre riconoscere alla pellicola di Scott i suoi pregi, il regista ci sa fare dietro la telecamera, le atmosfere sono costruite bene e la tecnica non manca sebbene la sceneggiatura sia infarcita all’osso di stilemi americani iper-inflazionati, che generano un pesante senso di irritazione e déjà vu. I poliziotti americani giocano sempre a chi ce l’ha più grosso anche quando sono fuori dal loro contesto e non possono evidentemente permetterselo, ogni frase, ogni movimento è nello stile dei polizieschi americani. Sorrisetti a mezzo volto forzati, battute da inserire a tutti i costi ovunque (“usa le palle, non usare il cervello” dirà Nick a Matsumoto), il solito contrasto tra la cultura nipponica e quella americana, il prototipo del poliziotto efficiente e brillante ma dalla morale sporca e dai modi sbrigativi e anticonformisti e tanto tanto altro che si può trovare in qualsiasi poliziesco da “Il braccio violento della legge” in poi. Una sufficienza la merita, malgrado dialoghi banali ed un Michael Douglas caricaturale e si può guardarlo senza particolare sofferenza grazie anche alla presenza di un cattivo, Sato, caratterizzato davvero bene. All’attore che lo impersona, Yusaku Matsuda, Scott dedicherà la pellicola. Morirà dopo le riprese a causa di un tumore alla vescica che lo stava già uccidendo mentre recitava.

di Marco Camillieri

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