E’ da questi particolari che si giudica un giocatore

Salvo

No, non è un errore di trascrizione, né un refuso e benché meno una distrazione: il ritornello di De Gregori era un po’ diverso, questo è chiaro. Ma lo era perché – diciamocelo – quando ne scriveva il testo aveva in mente altri rigori e altri protagonisti. Il più evidente, il più lampante, rispondeva al nome di un certo Agostino “Nino” Di Bartolomei. Nel nostro caso, invece, rigori e protagonisti non reggono il confronto; gli attori si chiamano Simone Zaza e Graziano Pellè, il cui paragone con “Dibba” è piuttosto impietoso.

Eppure specificarlo è un bene, perché nei giorni successivi all’uscita di scena contro la Germania si sono visti al riguardo commenti improponibili, che al fine di difendere i due tronisti (pardon, i due calciatori) facevano riferimento al famoso ritornello. Roba da far accapponare la pelle. Sì, perché mentre entrambi sono già al largo della più costosa isola (come d’altronde testimonia anche Instagram), Di Bartolomei ha passato il resto dei suoi giorni a pensare a quella finale persa, pur avendo fatto il suo dovere. Pur avendo segnato il suo rigore.

Tutto ciò, che già di per sé basterebbe, aumenta se si applica anche alla vita privata. Dibba non sapeva neppure cosa fosse il lusso; i suoi compagni lo soprannominarono Sant’Agostino per quanto era insensibile alla bella vita. Lui e lo sfarzo orbitavano su due mondi lontani, inconciliabili. Rappresentava l’eccezione e, come accade sempre a chi non si piega alle regole comuni, non fu capito. E’ stato il capitano della Roma, per molti ancora lo è. Gli altri due attori invece sono mine vaganti, con la valigia sempre pronta, in bilico tra una casacca bianconera e una firma milionaria dai caratteri orientali.

Capirete che dunque non è tanto il rigore in sé, né il balletto sulla rincorsa o la promessa assurda di un cucchiaio, ma ciò che li precede. Ecco perché è da questi particolari che si giudica un giocatore. Ecco perché Dibba al confronto sembra e sembrerà per sempre un gigante. Un gigante che non ha voluto piegarsi alla strafottenza, alla sbruffoneria, all’ostentazione, al lusso moderno. Tanto da mettere un punto alla sua vita a dieci anni esatti dalla disfatta contro il Liverpool. E non è un caso che, da quel momento in poi, il 30 maggio verrà ricordato dai tifosi romanisti non più per quella rocambolesca partita, ma per la sua atroce scomparsa.

di Massimo Salvo

 

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