EAST END
“East End”, il film d’animazione scritto e diretto da Luca Scanferla e Giuseppe Squillaci, in arte Skanf & Puccio, due autori romani abili e ingegnosi negli effetti visivi, è arrivato al cinema da mercoledì 3 maggio con Distribuzione Indipendente. Prodotto da Ear Cinema e Galactus, con la supervisione artistica e le animazioni di Canecane, la pellicola, divertente, originale, insolita, piccante, irriverente, si fa beffe dei potenti a tutti i livelli.
Un cartoon che vede la luce dopo tre anni intensi di lavoro grazie ad un team di disegnatori, animatori, grafici, artisti digitali, musicisti (tra cui il mitico gruppo dei Superobots) e doppiatori.
“East End”, (estremità orientale) non siamo nel cuore di Roma, ma in una zona fantasiosa di periferia di Roma est, un quartiere nato da sé, quasi difficile da circoscrivere in una perimetria vera e propria. Un luogo dove tutto accade, un ambiente che va oltre la definizione di quartiere, dove la frenesia è di casa, luogo dove inevitabilmente finiscono per passare la maggior parte del loro tempo i protagonisti ma anche i residenti, con le nevrastenie e le ossessioni tipiche di una media borghesia impoverita dalla crisi.
Il film, contrariamente alla tradizione del cinema animato, che si svolge spesso in mondi fantastici e irreali, è ambientato dunque ai nostri giorni nella periferia est della Capitale, nel nuovissimo e già dimenticato quartiere “East End”, identificabile con Ponte di Nona, come affermano gli stessi autori, dove infrastrutture e collegamenti sono eternamente in fase di sviluppo, dove il traffico ogni giorno strangola questa città, e adesso con la raccolta differenziata, i rifiuti si accumulano vicino ai pochi cassonetti presenti.
Un quartiere come tanti che mette in luce disagi e contraddizioni della realtà quotidiana. Un quartiere vittima degli imbrogli e delle speculazioni dei palazzinari, assediato dall’immondizia. Ponte di Nona, in particolare, è forse l’emblema della scellerata urbanistica, quando la parola riqualificazione veniva usata al posto della più impopolare speculazione. Tempi in cui si dava carta bianca ai vari costruttori, tempi in cui nel semi-silenzio generale questa città subiva forse il più grande scacco edilizio della sua storia.
A Roma da sempre si permette ai palazzinari di costruire senza al tempo stesso costruire i servizi necessari. Uno specula per fare soldi non certo per costruire bene, anzi più costruisce bene e meno guadagna. Ci sono tentativi di far passare la speculazione per una cosa buona, ma sono modi raffinati diretti solo a condizionare il popolo.
La partecipazione di nomi ben noti della vita pubblica, di personaggi reali (attori, politici, calciatori, scrittori) non è la sola originalità del film. Esso si immerge nel presente, anziché fuggire dalla realtà, rivolgendo l’attenzione verso i temi d’attualità con uno sguardo ravvicinato sull’epoca moderna, affrontando un’infinità di temi che vanno dal terrorismo, alla corruzione, alla scuola, al bullismo, alle difficili condizioni di vita nelle periferie, alla disgregazione della famiglia, alla passione per il calcio.
È questo lo scenario in cui si muovono i protagonisti del film. Qui vivono con le proprie famiglie nella periferia di Roma, Leo, Lex, Vittorio ed altri piccoli protagonisti, bambini normali, diversissimi tra loro, che devono cavarsela affrontando faticose disavventure fatte di bullismo, dispetti e piccoli problemi quotidiani. Tutto ruota intorno a un gruppetto di bambini che si confrontano col mondo dei grandi spesso inadeguati ai propri ruoli, inadeguati a fronteggiare le sfide educative. Genitori incerti e disorientati che non sono un valido punto di riferimento e a questo punto emergono difficoltà anche nelle relazioni familiari, poiché il figlio non trova nei genitori un supporto stabile e rassicurante.
Nella famiglia, spesso oppressa da criticità finanziarie, i legami affettivi sono diventati molto fragili. Nell’intimità delle mura familiari maturano insofferenza e aggressività, violenza psicologica e fisica a danno delle persone più deboli e indifese. Un quadro drammatico in cui vi è la constatazione di una conflittualità col mondo adulto ormai del tutto incapace di trovare sbocchi positivi. I minori di famiglie separate o divorziate sono spesso colpiti da ansie, paure, sensi di colpa. Sempre più problematici. Sempre più disorientati. Sempre più soli. I figli hanno spesso dei comportamenti ansiosi, instabili, aggressivi, non trovano nei genitori inquieti una sponda capace di comprenderli, correggerli, e indirizzarli adeguatamente.
C’è la storia quindi di tanti bambini e dei loro genitori co-protagonisti:
Leo, l’intellettuale del gruppo, saggio, intelligente, equilibrato e suo padre Sergio, lasciato dalla moglie che si trova in Africa a studiare i gorilla, che nei confronti del figlio ha un atteggiamento estremamente protettivo, tanto che il piccolo è completamente all’oscuro dei problemi coniugali dei genitori e attende con ansia il ritorno a casa della madre Diana, che si è invaghita di uno dei gorilla che sta studiando e lascia la famiglia per rimanere con l’amato nella giungla.
Lex, sboccato, attaccabrighe, è un aspirante rapper. Simpatico e divertente quando in vena, insopportabile e aggressivo quando di cattivo umore. Porta sempre con sé Tupac, un cucciolo di bull terrier a cui è molto affezionato. Mariapia, sua madre, è la classica donna maltrattata, succube del marito violento Cesare, patrigno di Lex, disoccupato, alcolizzato e violento che non si fa scrupoli a picchiare e a maltrattare moglie e figliastro.
“East End” offre molti spunti di riflessione come la forte influenza che gli adulti hanno sui bambini, infatti Lex non è che tifa la Roma, ma odia la Lazio, perché il suo patrigno, di cui lui vorrebbe assolutamente liberarsi, è laziale.
Vittorio, colto e raffinato, ma anche egoista ed egocentrico, è un aspirante attore, sogna Shakespeare e il grande teatro.
Ugo, pallido, magro, occhiaie e cicatrici sui polsi, è perennemente depresso. Orfano di madre e oppresso dal padre, tenta spesso il suicidio nel tentativo di colmare il vuoto che si porta dentro. Fatica ad inserirsi e a fare amicizia, perché dopo la morte della madre ha preso la decisione di non affezionarsi mai più ai vivi. Riccardo, suo padre, oppresso dalla morte della moglie, è preoccupato per il figlio che non riesce a farsi degli amici.
Camilla, scorbutica, prepotente, impone al gruppo la sua presenza perché innamorata di Vittorio che la ignora. I bambini fanno di tutto per evitarla per poi ricorrere a lei perché li difende dai ragazzi più grandi. Passata da figlia unica a sorella maggiore si sente relegata in secondo piano ed è spesso gravata della responsabilità di badare alla sorellina, cosa che la rende irascibile e tende a prevaricare gli altri bambini per affermarsi. Fausto, papà di Camilla, uomo burbero e severo, è il portinaio dello stabile in cui vivono i bambini. Conosce tutto degli inquilini del palazzo.
Michele e Gabriele, astuti, cinici, calcolatori, sono disinteressati ai rapporti umani. Uno più pratico, l’altro più teorico, insieme ricoprono ogni branca del sapere scientifico. Tramite internet intrattengono rapporti con stimati professori universitari e ricercatori sparsi nel mondo, che spesso si rivolgono a loro per pareri e consulenze ignorandone l’età e credendoli colleghi. In classe sono l’incubo della maestra che non sa mai rispondere alle loro complicatissime domande.
Domitilla, dolce e sensibile, la bambina fantasma, figlia del custode del cantiere, venne uccisa per aver assistito all’omicidio dell’avvocato Stanislao M. Di Amato, avvocato corrotto e colluso con la camorra e della madre. Ucciso dal Cavalier Bertozzi durante la costruzione dell’edificio, il corrotto costruttore del quartiere che si nasconde sotto mentite spoglie per sfuggire alla camorra. La piccola rinuncerà alla propria vendetta per rimanere con Ugo.
Tuttavia c’è un’atmosfera calcistica tipicamente romana in “East End”, la pellicola infatti ha come filo conduttore un derby Roma-Lazio, che emoziona l’intera città, finale di coppa che vede Francesco Totti protagonista indiscusso.
Lo svolgimento della trama è assolutamente folle e surreale, perché si immagina che, desiderosi di assistere gratuitamente al derby Roma-Lazio, purtroppo nessuno di loro per varie ragioni può andare allo stadio, i bambini dirottino sullo stadio Olimpico il Golia, un satellite militare segreto della NASA, che gli Usa stanno utilizzando nella caccia al più ricercato e pericoloso terrorista del mondo: Al Zabir Muffat. Ed è “East End” a diventare con loro la cornice, nonché il palcoscenico di un complicato intrigo internazionale messo in atto da un gruppo di bambini ignari di tutto, che con la loro straordinaria purezza e ingenuità, provocano rischiosissime conseguenze e metteranno in grave pericolo la città e i già precari equilibri politici mondiali.
Questo film di animazione si collega a “South Park”, diventato subito di successo, serie ideata da Trey Parker e Matt Stone, e condivide, assieme alla produzione americana, l’attenzione verso i temi di attualità, nel mostrare senza veli la società di oggi, rovistando nel sordido del quotidiano.
Skanf & Puccio, pseudonimi di Luca Scanferla e Giuseppe Squillaci, quarantenni cineasti romani, hanno scritto e diretto “East End”, realizzando un lungometraggio d’animazione in Italia, immergendolo nella realtà italiana e dando vita, inseguendo i modelli noti, ad un’animazione più graffiante e ironica, segnando di fatto l’esordio dell’Italia nell’ampio mercato dell’animazione irriverente.
Di scena in scena, seguendo la trama di un derby da vedere e dell’odio tra romanisti e laziali, ne escono fuori 85 minuti assai godibili.
L’impegno dei due autori, alle prese con il loro primo progetto cinematografico, e la volontà di esordire portando al cinema qualcosa di diverso che vada fuori dai canoni e dai soliti schemi scontati, non poteva che realizzarsi se non attraverso un cartone animato con l’esplicita e piacevole influenza di “South Park”. Un lavoro coraggioso che evidenzia una satira pungente di tutta l’epoca contemporanea in cui viviamo. Un Cartoon realizzato ignorando l’obbligo di rivolgersi al pubblico infantile. Il film non ha un target di riferimento ben determinato, sicuramente non è per i più piccoli, come affermano gli stessi autori, ma, a loro avviso, può essere apprezzato sia dal dodicenne, magari accompagnato, che dall’adulto.
Ma la chiave di tutti gli intrecci che il film man mano porta avanti è l’amicizia, quale unica risposta alla stupidità di un mondo interamente governato dall’egoismo. Un mondo corrotto, volgare ed indifferente. Un’avventura che mette in luce il valore dell’amicizia e della diversità. L’accettazione, nonché l’accoglienza della diversità propria ed altrui che rimuova paure, indifferenze, pregiudizi. Un’amicizia nata da un gruppo di bambini che mette in evidenza i valori importanti della vita e fa pensare che anche i più deboli e più forti devono essere aiutati. È un’amicizia diversa ma che si accetta. Si dice che l’unione fa la forza, allora insieme i piccoli protagonisti sono diventati una vera forza, perché hanno sconfitto le proprie paure e hanno lottato per il bene degli altri.
Le ferite dell’anima e del corpo di un mondo malato possono essere curate riscoprendo il valore della vita, rispetto e solidarietà.
di Maria De Laurentiis