Arrestato a Mosca ancora una volta Alexey Navalny, nemico #1 del “neo” presidente russo Vladimir Putin

Lo scorso sette maggio si è insediato il quarto mandato consecutivo del presidente russo Vladimir Putin. Il sabato prima, esattamente il 5 maggio, in moltissimi si riversavano nelle piazze russe per protestare contro quella che appare come una dittatura mascherata: altrettanti sono stati fermati e arrestati. Tra questi, Alexey Navalny, da anni il principale oppositore del presidente Putin.

Il fermo di Navalny è avvenuto in piazza Puskin, a Mosca durante un corteo che secondo le autorità russe non sarebbe stato autorizzato e che ha visto lo scontro tra oppositori e sostenitori del governo Putin che avanzavano al grido di “patria e libertà”. Le manifestazioni in tutto il Paese sono frutto del movimento “Per noi Putin non è lo zar”, organizzato dallo stesso Navalny in circa 90 città: hanno visto finora l’arresto di 1350 persone, di cui 600 solo a Mosca. Tra di loro anche 5 giornalisti. Persino l’Unione Europea ha tuonato contro il gesto chiedendo la liberazione dei “manifestanti pacifici e dei cronisti”.

Alcune delle persone fermate hanno inspiegabilmente riportato graffi e lividi. Pochi giorni prima le autorità avevano avvisato circa i pericoli che si potevano correre nel partecipare a cortei non autorizzati. E Navalny aveva risposto: “Se rimanete a casa la banda Putin distruggerà il Paese e vi priverà del futuro”.

Tutto questo avviene a pochi mesi di distanza dal rigetto della candidatura alle presidenziali dello stesso Navalny: il 25 dicembre scorso l’oppositore #1 è stato giudicato incandidabile per “problemi con la giustizia” (in passato è stato condannato a 5 anni per appropriazione indebita, ndr). Un po’ strano per un presidente che si sceglie gli amici pregiudicati e contemporaneamente politici, no?

Eppure Alexey di Russia sembra essere un osso duro, difficile da scalfire: dal carcere ha attivato un numero verde a sostegno delle persone fermate, sponsorizzato sul canale Twitter “Navalnylive” a cui hanno aderito anche il gruppo punk Pussy Riot.

Tra i due, “chi l’ha dura la vince” e speriamo non sia sempre lo stesso con gli stessi sporchi mezzi.

di Irene Tinero

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