Peppino Impastato, l’onda pazza contro il silenzio

“Siamo nei paraggi del Mafiocipio di Mafiopoli….è riunita la Commissione Edilizia…all’ordine del giorno l’approvazione del progetto Z-11….i membri della Commissione discutono, qualche piccola divergenza. Si stanno mettendo d’accordo nell’approvare il progetto Z-11….Fratelli, il momento è grave e solenne. La nostra riserva indiana ci è stata finalmente aggiudicata. Ci è stato riservato per intero quel territorio che sta al di là della Torre dell’Orsa Maggiore e al di sotto della grande pista dove atterrano gli uccelli d’acciaio. In quel territorio piazzeremo le nostre tende….basta con queste vecchie tende, passeremo ai Bungalow….parola di Tano Seduto….600 metri quadrati di seminterrati, parola di Geronimo Stefanini…6 miliardi concessi dalla Cassa per la Mezzanotte”. Con queste parole Peppino Impastato denunciava le speculazioni mafiose nella sua Cinisi e gli abusi con cui la mafia si accaparrava le terre vicine all’aeroporto, espropriandole ai contadini. Il 9 maggio di 40 anni fa Peppino veniva ucciso in quello che allora la polizia e i media fecero passare per un suicidio o un attentato terroristico fallito. Come spesso accade sono serviti anni prima che cadesse il velo di omissioni sulla sua morte.

Lanciava le sue accuse sui traffici di droga, sulla compravendita di voti e su tutti gli affari delle famiglie mafiose dal programma ‘satiro-schizofrenico’ Onda Pazza sulla sua Radio Aut. Denunciava e sbeffegiava. Faceva i nomi degli intoccabili. Gaetano Badalamenti, il boss che verrà poi condannato come mandante del suo omicidio, diventava Tano Seduto. Il sindaco di Cinisi, Geronimo Di Stefano, era Geronimo Stefanini nei suoi discorsi. Non si nascondeva. Era irriverente, controcorrente, scomodo e schierato. Ma, soprattutto, coraggioso e libero. Era l’antitesi vivente di quell’omertà sulla cui rete la Mafia si muove indisturbata. Dove c’era sempre stato silenzio lui, invece, urlava. Accusava non solo l’illegalità mafiosa ma anche la viltà tipicamente borghese.

Se fosse vivo oggi, probabilmente, sarebbe piaciuto a pochi e avrebbe dato fastidio a molti. La prova sta nel vedere come oggi vengono criticati i giornalisti anti-mafia, accusati di gettare fango sull’Italia. Un paese che preferisce celebrare i suoi eroi da morti, quando non fanno più male. E, parafrasando la sigla di Onda Pazza, facendo finta che tutto va ben.

di Pierfrancesco Zinilli