SE BRUCIA NÔTRE DAME

Due settimane fa, la sera del 15 aprile, il mondo intero ha assistito in diretta televisiva all’incendio di una delle cattedrali più celebri e visitate al mondo, Nôtre Dame de Paris. Lo spettacolo è stato doloroso, le fiamme divampavano alimentate da un vento sfavorevole, e i pompieri faticavano a prendere il controllo della struttura. Dopo circa due ore dall’inizio dell’incendio, quando “la flèche”, la grande guglia, era già crollata, il vice-ministro degli Interni francese ha affermato: “non sappiamo se riusciremo a salvarla”. La disperazione si è diffusa tra i fedeli di tutto il mondo, tra i tanti parigini e turisti increduli che in quelle ore affollavano il Lungo Senna, e ha coinvolto anche noi, spettatori impotenti e “testimoni oculari” incollati alla TV.

Nôtre Dame, la cattedrale per antonomasia, che aveva resistito a guerre e rivoluzioni, rischiava di essere rasa al suolo in mondovisione a causa di un corto circuito generatosi dalle impalcature? Non eravamo psicologicamente pronti ad accettarlo, e per fortuna “il miracolo” è arrivato: poco prima della mezzanotte, i media francesi hanno tuonato: “la struttura è salva”.

A distanza di due settimane sappiamo che la Cattedrale sarà ricostruita – in tempistiche da definire – grazie alle donazioni multimilionarie che sono state raccolte nel giro di pochi giorni, e che continuano ad affluire nelle casse dello Stato francese. Una generosissima campagna di solidarietà che in realtà ha scatenato indignazioni e critiche da più parti sotto lo stesso leitmotiv: se i ricchi del pianeta sono capaci di elargizioni così cospicue nell’arco di poche ore, quante giuste cause potrebbero essere combattute e vinte?

Sono trascorse due settimane dal devastante incendio che ha deturpato Nôtre Dame e le indagini sulle cause del disastro sono ancora in corso: errore umano, negligenza, atto doloso? Quel che è certo, è che allo stupore del 15 aprile si è sostituita la collera del 16 aprile: quel cantiere meritava più attenzione e sorveglianza. Proprio quei lavori di restauro che avrebbero dovuto consegnare ai posteri la bellezza e la magnificenza della cattedrale, ne sono stati la causa di sventura.

C’è chi vede in questo episodio il culmine della crisi che sta attraversando la Francia in questo momento storico, divisa e attanagliata da rivolte sociali che si protraggono da mesi. Osservando più da vicino la capitale francese, ci rendiamo conto che da anni Parigi è oltraggiata da attentati, atti vandalici, blocchi stradali. Il clima politico è teso e i gilet gialli fanno tremare Macron.

Parigi, che Walter Benjamin definì “la capitale del XIX secolo”, attraversa un decennio difficile, ma sarebbe senz’altro eccessivo interpretare l’accadimento come un chiaro segnale del declino della Ville Lumière.

Al di là delle polemiche, infatti, da questo triste episodio possiamo trarne una lezione positiva: la commozione, la solidarietà e la generosità che ne sono scaturite, ci danno la conferma che la nostra identità si fonda sulla cultura e sul patrimonio. Le opere d’arte sono tutto ciò che rendono l’uomo immortale.

Notre Dame, cattedrale dei re, di Napoleone (che qui si è auto-incoronato), luogo letterario di un amore impossibile tra Esmeralda e Quasimodo, risorgerà.

 di Vittoria Failla