Cyrano e la Belle Époque di Dilili
Un secolo, esattamente un secolo – dal 1820 al 1920 – di fulgido splendore che prende il nome di Belle Époque. Parigi è davvero la Ville Lumiere, la capitale politica e culturale del mondo. Scienza, arte, letteratura si esprimono attraverso le più grandi menti umane di quel lungo periodo. Due film – diversissimi tra essi per genere e narrazione – ci restituiscono tutte le sfumature il ritmo dei quell’atmosfera irripetibile. Il primo è Dilili a Parigi, un’animazione di grande tratto stilistico, firmata da Michel Ocelot, autore dei precedenti successi Kirikù e la strega Karabà, 1988, e Azur et Asmar,2006. Il secondo Cyrano Mon Amour, di Alexis Michalik, un cancan cinematografico vertiginoso sulla nascita nel 1897 di quel capolavoro del teatro francese da parte dello sconosciuto e squattrinato autore Edmond Rostand.
Dilili a Parigi, un’animazione sì ma solo apparentemente tradizionale, è senz’altro un film che possono e, anzi, devono vedere anche gli adulti, magari insieme ai piccoli figlie, figli o nipoti. Da vedere insieme, perché immediatamente ai bambini sorgono delle domande. Tipo: ma quella che si vede sullo schermo è veramente Parigi, con alcuni suoi celebri monumenti, palazzi, saloni dorati, la Senna, o si tratta solo di disegni. Ecco: qui i grandi potrebbero spiegare che si tratta di una tecnica d’animazione mista che fonde insieme fotografia e disegno. Sono ben 4000 fotografie – e per uno scorcio alberato della Senna addirittura di un’immagine video – sono state realizzate dallo stesso autore, ridipinte meticolosamente e trattate insieme ai disegni veri e propri, sia in 2D, sia in 3D, per dare un risalto tridimensionale a personaggi e paesaggi. Dilili è un’orfana mulatta nata in Nuova Caledonia, da padre francese e madre dell’etnia kanaka. La bambina attraversa tutta Parigi sul triciclo con cassone per consegne del fattorino Orel, cercando di risolvere un mistero che in quel momento attanaglia la città in preda a rapimenti quotidiani di bambine. Atmosfera di mistero che riprende il titolo stesso di un famoso romanzo d’appendice di metà Ottocento, I misteri di Parigi, di Eugène Sue. Il tour è in realtà una vera e propria occasione di conoscenza di tutti i più raffinati ambienti culturali di Parigi e degli scienziati, pittori, scrittori, musicisti, cantanti che l’animavano impareggiabilmente. Dilili annota tutti i nomi su un suo taccuino e s’inchina a ogni nuova conoscenza che fa. Anche su questo gli adulti possono dare una mano di maggiore comprensione dell’epoca ai bambini. Riportiamo qui solo alcuni dei nomi famosi tra gli oltre cento che s’incontrano. Picasso, Matisse, Renoir, Monet, Degas, Toulouse-Lautrec, Brançusi, Debussy, Satin, Marcel Proust, Madame Curie, Pasteur, Eiffel, e quella che è considerata la più grande attrice teatrale d’ogni tempo, Sarah Bernhardt. Il film ha un riferimento piuttosto esplicito e del tutto attuale alle concezioni di potere, sottomissione e maltrattamento sulle donne che miete vittime purtroppo anche nel presente.
Passando a Cyrano Mon Amour, la domanda è questa: si può fare ancora un film su questo mitico ma realissimo personaggio storico il cui nome completo è Hercule Savinien de Cyrano de Bergerac? Nato a Parigi nel 1619, è stato filosofo, poeta, scrittore, soldato coraggioso, temibile spadaccino, sfrontato e scurrile anticlericale. Oltre l’immortale pièce teatrale, sono già stati realizzati dall’origine del cinema a oggi una decina di film, molti dei quali insigniti da Premi Oscar, Premi Caesar e altri prestigiosi riconoscimenti. Era, dunque, immaginabile messinscena cinematografica che avesse ancora la possibilità di dirci qualcosa di originale e di autenticamente commovente? Una sfida temibile che Alexis Michalik, però, accetta e vince alla grande. Il suo, infatti, è il racconto funambolico, erotico, sentimentale, ad alto ritmo e montaggio cine-narrativo sulla genesi della sua scrittura e della prima rappresentazione al cardiopalma avvenuta a Parigi il 28 dicembre 1987 al Théâtre de la Porte-Sain-Martin. I cinque atti sono commissionati a Edmond Rostand dal grande attore, mattatore, istrione, impresario teatrale Benoît-Constant Coquelin. E proprio in questa figura – magistralmente interpretata qui da Olivier Gourmet – sta uno dei punti e dei temi di forza del film. Coquelin, infatti, sta a rappresentare tutta la stratificazione storica di forme, contenuti, intrecci, trame, dialoghi, battute, trovate sceniche sedimentate nella tradizione teatrale non solo francese. Così che l’autore della pièce non si trova mai a creare, a immaginare davvero solo con sé stesso. È tutta la sconfinata e anche inconscia lingua letteraria e scenica chedetta, scrive, apre vie immaginative e anche tecniche nella mente e nella sensibilità di un autore che fino a quel momento era stato piuttosto scarso di risultati.
Tre curiosità finali. Prima: anche in questo film riappare la figura della grande attrice Sarah Bernhardt, ammiratrice e sostenitrice della vena poetica di Rostand. Seconda: tutto il travolgente ritmo narrativo è sostenuto dall’andamento avvolgente e tornante del Boléro. Solo che questo conosciutissimo pezzo musicale è stato composto da Maurice Ravel nel 1928, ossia una trentina di anni dopo i fatti narrati. Ne ho chiesto personalmente conto al regista. Michalik mi ha risposto che Ravel, però, nel 1897 studiava musica a Parigi e nulla può escludere che proprio in quegli anni lui non abbia cominciato a preconizzare il suo Boléro. Ineccepibile, anche perché questa colonna sonora funzione superlativamente nel film. Terza: alla fine il film ci mostra immagini dei più grandi attori che hanno via via interpretato Cyrano. Potete scegliere quello che vi sembra il migliore. Io non ho avuto dubbi: Gérard Depardieu, migliore attore protagonista a Cannes 1990, diretto da Jean-Paul Rappeneau.
di Riccardo Tavani