Donne, bisogna fare rete fra di noi

Credo sia arrivato il momento per noi donne di chiederci, in tutta onestà, se non sia ora di smetterla con le piccole invidie e iniziare a fare rete: è vero, non ci appartiene, ma mentre stiamo riuscendo a fare tanto nell’alimentare un dibattito essenziale per lo sviluppo concreto della parità di genere, potrebbe essere il momento di azzardare con questo ulteriore passo. Una rete al femminile non ci nuocerebbe ora che la società sembra maggiormente pronta ad accoglierci. Addirittura Bankitalia, : forse allora potremmo smettere di aver paura della nostra stessa ombra.

Siamo la generazione cresciuta guardando ai comportamenti delle prime professioniste, acquisendo modelli nuovi, abbiamo assistito e contribuito a un cambiamento: corposa letteratura sulla differenza di genere, corsi sulla managerialità al femminile, sulla valorizzazione delle nostre peculiarità, sulla necessità di non scimmiottare il modello maschile. Ne abbiamo infine dedotto che il modello manageriale corretto da adottare fosse quello della donna che, pur lavorando e sacrificando senza limiti il proprio spazio privato, manteneva e, anzi, si faceva forza non solo della propria femminilità, ma anche della propria individualità.

Insomma, niente più imitazioni mal riuscite di maschi scontrosi e inavvicinabili, ma donne convinte della bontà del proprio modello, sicure, efficienti, empatiche, accoglienti, direttive e spesso concilianti. Il risultato immediato credo sia stata una buona accettazione del nostro ruolo, nonché il riconoscimento delle nostre capacità e del valore aggiunto che può apportare ad un sistema lavorativo pronto per l’integrazione. E ora che il cambiamento si è faticosamente avviato, ora che abbiamo illustri sostenitori anche tra gli uomini (non ultimo il Papa che ha rilasciato dichiarazioni inequivocabili sulla necessità di parificare il trattamento economico tra generi) dovremmo imporci di fare ulteriori passi in avanti.

Tutto questo, ricordandoci di distinguere le nostre attese sul piano familiare da quelle relative al piano professionale e tentando di scrollarci di dosso la convinzione che la gratificazione affettiva sia essenziale anche sul lavoro. Purtroppo o per fortuna non è così: il riconoscimento rispetto a quanto siamo brave, quanto spirito di sacrificio dimostriamo, quanti risultati riusciamo a ottenere e che clima aziendale contribuiamo a creare è sì importante, ma attiene per gran parte al piano personale e non necessariamente a quello professionale.

Va anche detto che spesso, acquisendo molto dal mondo maschile che volevamo fortissimamente distanziare da noi, abbiamo finito con l’allontanare anche la loro capacità di fare rete, che significa mettere forse a rischio qualcosa di proprio a favore di un beneficio generalizzato. Non molto tempo fa una donna molto saggia disse: ogni donna che sale con un ascensore dovrebbe ricordarsi di rimandarne un altro giù per far salire un’altra donna.

Aiutarci vicendevolmente significherebbe, finalmente, creare un sincero movimento di opinione, permetterci di uscire allo scoperto, chiedere con maggiore consapevolezza, affermare il nostro ruolo, magari incentivando ulteriori politiche di conciliazione tra la vita personale e quella professionale di cui poi potrebbero usufruire anche altri.

Ora è giunto il momento di credere in noi, evitando ogni critica che non sia costruttiva e portarci avanti per dare a noi stesse nuove entusiasmanti opportunità di crescita.

di Stefania Lastoria

 

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