Sessismo in ufficio, le donne rimproverate perché aggressive. Se sono brave è merito della squadra.

La discriminazione delle donne al lavoro spesso è sottile e non passa soltanto attraverso la mancata promozione o la battuta pesante dei colleghi. Anzi, a volte anche un ufficio apparentemente innocuo nasconde un atteggiamento marcatamente sessista facilmente individuabile nei commenti e nelle critiche che il capo rivolge ai suoi dipendenti.

E proprio una ricerca della Stanford University ha scoperto che le donne e gli uomini ricevono un feedback molto diverso. Nel dettaglio, i responsabili dell’azienda – che siano uomini o donne, non fa differenza – criticano con molta più probabilità le impiegate di sesso femminile poiché ritengono il loro atteggiamento troppo aggressivo, mentre i buoni risultati ottenuti dalle donne sono visti spesso come il frutto del lavoro di squadra.

Tutto questo ovviamente non accade quando ad essere elogiato è un dipendente di sesso maschile, in tal caso i diretti responsabili rimarcano il successo ottenuto mettendo in risalto le sue doti individuali che gli hanno consentito di emergere e di portare un buon risultato per l’azienda.

L’équipe della Stanford University sta analizzando il linguaggio di centinaia di dossier sulle performance degli impiegati compilati da quattro aziende che si occupano di tecnologia e servizi professionali. La ricerca, non ancora conclusa, mostra che le donne hanno ricevuto più del doppio degli uomini commenti sullo stile comunicativo giudicato aggressivo, con frasi del tipo: “Quando parli sei indisponente”. Le stesse donne però sono descritte come “collaborative” e “utili” in misura doppia rispetto agli uomini ma sempre in considerazione di obiettivi raggiunti dalla squadra, dal gruppo e mai per capacità individuali.

Una sottilissima quanto invisibile forma di “violenza” che tende a sminuire l’autostima delle donne in quanto tali.

Lo studio, aiuterà maggiormente le aziende americane a combattere quello che in inglese viene chiamato “gender bias”, e cioè l’approccio anche inconsciamente discriminatorio nei confronti delle dipendenti donne. L’obiettivo non è soltanto etico o di uguaglianza: sempre più ricerche comprovano che il mancato riconoscimento delle qualità delle lavoratrici pregiudica il profitto delle aziende e in ultima analisi anche le performance del Pil.

La Microsoft, per esempio, obbliga i propri dipendenti (manager e impiegati) a seguire un corso annuale per individuare e rimuovere gli stereotipi di genere che possono spingere i colleghi maschi a tenere ai margini le colleghe, nonostante la bravura e il merito di queste ultime.

In fondo lo abbiamo sempre saputo, vissuto sulla nostra pelle, osservato e allo stesso tempo forse un po’ tutte ci siamo “adeguate” a riconoscere questa sottile emarginazione come qualcosa di scontato, qualcosa contro cui occorrerebbe lottare con la società, i suoi insegnamenti sbagliati diventati naturali e ovvi.

Ancora una volta si tende a pensare alle donne come l’ultimo anello della società non volendo riconoscere alle stesse meriti che molto spesso gli uomini possono solo immaginare e non eguagliare.

di Stefania Lastoria