Un candidato poco raccomandabile

Il Presidente della Repubblica deve rappresentare tutti i cittadini, deve essere al di sopra delle parti: lo dicono tutti ed è certamente vero. Per esempio, Mattarella ha saputo bene incarnare questo ruolo, come pure Pertini e Ciampi, per citarne alcuni senza voler far torto agli altri. C’è, però, un aspetto complementare a questa affermazione, cioè che alcuni soggetti dovrebbero essere improponibili per tutti i cittadini e per tutti i partiti, a prescindere dagli interessi e dagli orientamenti di parte.

A prima vista può sembrare che nessun candidato, ufficiale o ufficioso che sia, debba rientrare in questa sgradevole fattispecie, ma a me sembra che ve ne sia almeno uno.

Sì, avete già capito, mi riferisco proprio a Silvio Berlusconi.

Che sia di destra, centro o sinistra non conta, rispetto a valori che appartengono (o dovrebbero appartenere) a tutti i cittadini e a tutti i partiti. Non sono, infatti, le sue scelte politiche a renderlo improponibile, ma alcune sue azioni e atteggiamenti, che sono incompatibili, senza se e senza ma, con qualunque ruolo istituzionale, figuriamoci con la più alta e significativa carica dello Stato. Sono azioni e atteggiamenti che denotano una profonda indifferenza nei confronti dei valori fondanti lo Stato e delle basi etiche della vita civile; ma rivelano anche un infimo livello di patriottismo, con buona pace della Meloni.

Forse esagero, forse ho frainteso le notizie di cronaca che mi hanno indotto a pensarla così. Ma vi prego di giudicare voi se io abbia torto o ragione, sulla base di alcuni dati di fatto asseverati e incontestabili.

Nel 2013 Berlusconi è stato condannato in via definitiva a quattro anni di reclusione. Già questo dovrebbe bastare a rendere poco opportuna la sua candidatura. Ma quali reati (sono, infatti, più d’uno) aveva commesso? Aveva falsificato i bilanci della sua azienda al fine di evadere le tasse e costituire fondi neri presso le solite società offshore. Cose che non depongono a favore della sua morale né del suo senso dello Stato. Vogliamo davvero dargli la carica di Presidente? Non sarebbe uno schiaffo a tutti i cittadini per bene? Non sarebbe come dare del cretino a chiunque paghi le tasse?

Come conseguenza della sentenza, nel novembre dello stesso anno il Senato ha dichiarato Berlusconi decaduto dal suo seggio parlamentare. Ma uno che non può più fare il senatore, può essere proposto come Presidente della Repubblica?

Lui ha sempre sostenuto di essere “sceso in campo” per il bene del Paese e che tutte le sue grane legali sono state in realtà manovre politiche portate avanti con strumenti giudiziari. Al contrario, Fedele Confalonieri, che lo conosceva bene da una vita, ha dichiarato: «La verità è che, se Berlusconi non fosse entrato in politica, se non avesse fondato Forza Italia, noi oggi saremmo sotto un ponte o in galera con l’accusa di mafia. Col cavolo che portavamo a casa il proscioglimento nel Lodo Mondadori» (La Repubblica, 25 giugno 2000). È lecito chiedersi se anche questa nuova “discesa in campo” non abbia analogo motivo?

Ma facciamo pure l’ipotesi che sia stato vittima di un errore giudiziario, e consideriamo altri aspetti della sua storia. Per esempio la sua fama internazionale. Quella fama per la quale abbiamo visto altri leader europei sorridere, anzi ridacchiare, nel sentirlo nominare. Ma a chi non è capitato, andando all’estero, di sentire la battuta: “Italia, ah sì, Berlusconi bunga-bunga”. Vogliamo proprio che ci rappresenti nel mondo, a prescindere dai suoi meriti o demeriti di cittadino e di politico?

Inoltre, è opportuno ricordare l’opinione che Berlusconi ha del nostro Paese, che ha definito in privato un “paese di merda” (intercettazione del 13 luglio 2011, riportata su tutti mezzi d’informazione), smentendo la sua precedente affermazione pubblica “l’Italia è il paese che amo” (1994, annuncio della cosiddetta “discesa in campo”). In quale delle due affermazioni è stato più sincero? E come potrebbe un “patriota” chiamare la sua patria “paese di merda”?

Sembrerebbe che la sua candidatura sia quanto mai inopportuna, se non del tutto assurda e paradossale, quasi una burla. Invece no, è una cosa seria, sostenuta non solo dal suo, ma anche dai partiti alleati. E la sua elezione è del tutto possibile, numeri alla mano, considerando l’ampio numero di parlamentari fuoriusciti dai gruppi parlamentari di provenienza, con i quali – si sostiene da più parti – il sullodato ex Cavaliere sta trattando. Ed ai quali ha prospettato pubblicamente la fine anticipata della legislatura e, quindi, del loro mandato e della loro carriera politica, qualora fosse eletto Draghi: questo è, in fondo, il senso politico della sua intenzione di non «sostenere alcun governo senza Draghi a Palazzo Chigi» (ANSA, 10 gennaio 2022), cioè di far cadere il governo, nel caso che Draghi fosse eletto al suo posto.

Il mio timore non deriva tanto dal fatto che Berlusconi sia candidato alla più alta carica dello Stato, ma che alcuni “grandi elettori” possano essere di memoria corta o – ahinoi! – non molto onorevoli.

di Cesare Pirozzi