“Ma non è venuto il momento di cambiare e di costruire una società che non sia un immondezzaio?”. (Enrico Berlinguer)

Ora, subito! Anzi: Se non ora quando?

di Pietro Lucidi

“I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela; scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società, della gente; idee, ideali, programmi pochi o vaghi; sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l’iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un “boss” e dei “sotto-boss””. Così dichiarò Enrico Berlinguer ad Eugenio Scalfari in una famosa intervista che suscitò scandalo, ma si rivelò fondata su una analisi condotta e sviluppata con lucida intelligenza. Quella intervista terminava con una domanda che Berlinguer rivolse al suo intervistatore, Eugenio Scalfari, fondatore e direttore di Repubblica: “Se si continua in questo modo, in Italia la democrazia rischia di restringersi, non di allargarsi e svilupparsi: rischia di soffocare in una palude. Ma non è venuto il momento di cambiare e di costruire una società che non sia un immondezzaio?”.

Insomma, per le persone oneste intellettualmente è di tutta evidenza come Berlinguer non reclamasse dei “postarelli” per l’allora P.C.I., ma volesse semplicemente denunciare la presenza dei partiti “in ogni articolazione dello Stato e delle istituzioni, negli enti locali e negli enti di previdenza, nelle banche, nelle aziende pubbliche, negli istituti culturali, negli ospedali, nelle università e dentro la Rai.”  In quella intervista Berlinguer rivelò pure, assolutamente da nessuno smentito, che ai tempi della solidarietà nazionale in molti avevano provato ad offrire ai comunisti poltrone di sottogoverno, banche, enti. Si trattò di un autentico invito al banchetto, alla pappatoia, alla occupazione di tutte le ramificazioni dello Stato democratico che l’allora P.C.I. voleva assolutamente combattere, confutando la dilagante convinzione secondo la quale ognuno pensa che l’altro sia come se stesso, dimenticando che al mondo esistono anche persone oneste. E quel gruppo dirigente era composto da persone oneste!  In quel gruppo c’erano ancora i vari Natta, Pajetta, Ingrao, Macaluso e moltissimi altri, sui quali poggiava una altissima visione dello Stato ed una ferma convinzione che la politica fosse al servizio del popolo e non certo dei propri interessi. Emerge ancora oggi in tutta evidenza che la questione morale, così come sollevata e denunciata da Berlinguer, non fosse solo la presenza di ladri e corrotti nelle alte sfere della politica e dell’amministrazione pubblica, ma l’occupazione sistematica dello Stato e delle sue istituzioni da parte dei partiti e delle relative correnti. Una sorta di società dei magnaccioni che provvedeva, secondo un rigido manuale Cencelli, a stabilire nomi, correnti e percentuali di appartenenze correntizie di candidati al Parlamento, direttori di giornali, di enti statali e parastatali, di eletti nei comuni, nelle province e nelle regioni.

La classe politica dominante, ovviamente, non accolse quella denuncia e parlò di puro moralismo, arrivando anche ad usare toni di uno squallore inaudito. Eppure, al di là di quello sciocco ed interessato codazzo che non poteva condividere quella cruda denuncia di una realtà esecrabile, era l’anno in cui vennero ritrovati gli elenchi della P2, la Loggia Segreta di Licio Gelli, del grande ragno come qualcuno lo definì, e dell’arresto di Roberto Calvi, Presidente del Banco Ambrosiano. Erano gli anni in cui iniziò la teorizzazione di uno sfrenato bisogno di piacere personale, di sciocco individualismo in cui ciascuno non è più un compagno di strada, ma un antagonista dal quale guardarsi. Quell’involuzione degli animi e dei costumi emerse sotto il potente influsso del reaganismo e del thatcherismo, di uno spiccato individualismo che propugnava l’autosufficienza economica del cittadino nei confronti dello stato assistenzialista, il libero mercato, i tagli alla spesa pubblica e la drastica riduzione delle imposte. Si assisteva ad una esaltazione del consumismo e si coniavano slogan che tutti quelli che hanno vissuto quegli anni ricordano (tipo: una Milano da bere) e, venendo a mancare ogni punto di riferimento, tutto diventava etereo o liquido, si perdeva ogni certezza e le uniche filosofie diventavano l’apparire ed il consumismo, in una sorta di bulimia disgregatrice di ogni umanità. Insomma, non più i beni naturali e necessari di Epicuro e la sua concezione di equilibrio, ma quelli non naturali e non necessari (come il lusso sfrenato, l’opulenza ed il fasto). Avessero ascoltato il grido di Berlinguer ci saremmo risparmiati quei disgregatori anni 80 ed il connesso e successivo periodo di Mani Pulite o Tangentopoli. Invece non lo fecero! Non lo ascoltarono coloro che avrebbero rovinato l’Italia degli anni successivi e non lo fece nemmeno una frangia del P.C.I., quella migliorista, quella che comprendeva coloro che avrebbero inondato il paese negli anni a venire e che osarono ed osano ancora ironizzare sull’essere comunisti, confondendo l’amore per la redistribuzione del reddito, la giustizia sociale e ogni forma di uguaglianza con una pericolosa avversione alla loro bramosa ricerca del potere e della ricchezza. Noi, invece, che ancora continuiamo a guardare al pensiero rivoluzionario di Berlinguer, sappiamo bene che, come ebbe a scrivere Sandro Curzi, “aveva ragione, non suggeriva alcun cilicio agli italiani e alla società moderna, e nemmeno voleva che qualcuno si spogliasse dei propri beni. Invitava piuttosto a riflettere sulla limitatezza complessiva delle risorse, a trovare una misura nel consumo: misura morale prima ancora che economica”.

Ma siccome il tempo, per parafrasare Talete, è la cosa più saggia perché tutto ricorda e tutto svela, noi oggi possiamo tranquillamente sostenere che egli propose indiscussi esempi di lungimiranza politica, che seppe arrivare prima a capire fenomeni e questioni che altri intuirono troppo tardi o che non capirono mai, tanto è vero che “l’edonismo reaganiano”, che noi per anni abbiamo imputato ad un passato periodo storico, si è nuovamente riaffermato nel recente periodo della cosiddetta globalizzazione, facendoci assistere, ancora oggi, all’operato di “politici”, o cosiddetti tali, che invece di salvaguardare l’interesse generale, difendendo i deboli e gli esclusi, operano secondo una vergognosa e deleteria politica della lottizzazione, protesa ad agire nell’interesse del partito, della corrente o del clan di appartenenza.

Ecco perché salutiamo con sommo favore la nascita ad Allumiere della Associazione Enrico Berlinguer e auguriamo a tutti i suoi iscritti ed estimatori la possibilità di porre in essere interventi politici e culturali ispirati agli antichi valori di un condiviso umanesimo.

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