Dalla crisi allo sfruttamento, reagire a questa realtà è una scelta etica (di tutti)

Milena Monti

In tempi economicamente difficili come quelli che gran parte delle aziende e dei lavoratori si trovano a vivere, la più grande battaglia del mercato si combatte sul fronte dei prezzi bassi. In questo scenario, la maniera più facile per garantire ad un prodotto un prezzo basso è risparmiare sui costi della produzione. Dal momento che abbattere il costo delle materie prime è pressoché impossibile, la necessità di sopravvivere, a livello economico, delle aziende, si ripercuote spesso sul costo dei lavoratori, in termini di licenziamenti ma anche di condizioni da caporalato, dal lavoro nero a salari ed orari simili alla schiavitù. Il tutto diventa poi un circolo vizioso difficile da disinnescare perché chi poco guadagna poco spende, e per spendere poco inevitabilmente aumenta la possibilità dello sfruttamento altrui mediante l’acquisto di veri e propri prodotti dello sfruttamento.
Signorsì signor caporale!
Questo circolo vizioso chiamato caporalato, ovvero l’intermediazione illecita e lo sfruttamento del lavoro, è un reato punibile con la reclusione e multe salate. Violenza, minaccia e intimidazione sono i termini che si leggono nel testo dell’articolo di legge sul caporalato, che individua quattro spie per riconoscerlo: salario non congruo, orario di lavoro troppo lungo, presenza di condizioni di pericolo per la salute o la sicurezza del lavoratore, presenza di condizioni di lavoro o eventuale alloggio degradanti. Nel settore agricolo ed agroalimentare il caporalato esiste ieri come oggi, al sud come al nord.
Carne che fa male
Al nord, un caso fra tanti ha luogo nel modenese, dove si trova uno dei più grandi distretti per la lavorazione della carne, uno fra i più importanti d’Europa dove i maggiori marchi di salumi acquistano le materie prime da lavorare. Qui numerose aziende si fanno concorrenza a discapito dei lavoratori, che sempre più spesso non sono operai specializzati ma “facchini di false cooperative nate per nascondere società di somministrazione di manodopera”, come sostiene il colonnello Pasquale Russo, comandante provinciale della Guardia di Finanza. Punto di forza di queste “cooperative” è la capacità di eludere le tasse mascherando gli straordinari come indennità; spesso riescono perfino a non pagare i contributi ai lavoratori. Sono inoltre all’ordine del giorno anche le condizioni degradanti, come non poter andare al bagno durante l’orario di lavoro, consumare la pausa pranzo seduti per terra anziché in un luogo idoneo oppure essere chiamati “merde” dal proprietario-caporale Il caso modenese è stato recentemente denunciato anche dalla trasmissione di Rai3 Ballarò (puntata del 9 febbraio 2016).
Ode al maiale
A Castelnuovo Rangone, paese di nemmeno quindicimila persone sempre in provincia di Modena, vi sono due omaggi al maiale: una statua di bronzo nella piazza centrale, che simboleggia l’economia del paese, e il museo della salumeria. Inoltre ogni prima domenica del mese di dicembre di ogni anno, il paese organizza una festa popolare durante la quale viene cotto ed offerto uno zampone gigante da una tonnellata, registrato come Guinness dei primati. Eppure proprio a Castelnuovo Rangone, paese del maiale, migliaia di lavoratori della carne suina ricevono paghe da fame, fino a 4 euro all’ora. Un’ode (anche) al caporalato. La zona registra anche un alto tasso di malattie professionali, dovute al dover ripetere sempre lo stesso movimento per troppe ore al giorno.
Il lupo perde il pelo ma non il vizio
Era il 1936 quando Charlie Chaplin scriveva, dirigeva, interpretava e produceva la pellicola “Tempi moderni”, denuncia nei confronti dei ritmi disumani e i gesti ripetitivi della catena di montaggio, soluzione allora inneggiante ad una maggiore produttività e competitività. Nel film si ipotizzava anche la macchina automatica da alimentazione, per mangiare senza interrompere il lavoro. La pellicola fa parte dei cento film più belli di tutti i tempi. Senza volerlo il titolo rispecchia ancora oggi i tempi moderni.
Nuovo caporalato
“Le false cooperative hanno le sembianze di un moderno e nuovo caporalato – sostiene il segretario provinciale Flai Cgil Modena Umberto Franciosi –. Si tratta di un’affermazione che purtroppo corrisponde alla realtà e che non ha nulla a che fare con la storia sindacale e di diritti che questi territori (il modenese, ndr) possono vantare”. Nel suo sito di informazione www.nuovocaporalato.it Franciosi si occupa di denunciare situazioni e sensibilizzare l’opinione pubblica e le amministrazioni sul fenomeno del nuovo caporalato. Suo sito sono raccolti articoli, servizi e documenti attuali e passati. Come il rapporto di un’indagine della Guardia di Finanza che nell’agosto del 2014 ha individuato 900 lavoratori irregolari di cooperative e denunciato 51 soggetti “ritenuti responsabili a vario titolo del reato di illecita somministrazione di manodopera ed altri delitti di natura fiscale”, si legge. Spesso, però, le cooperative indagate se la cavano riciclando il proprio nome ma non le persone e il modus operandi illegale.
Acquisti buoni per tutti: il Solidale Italiano
Ogni giorno decine e decine di prodotti alimentari avvelenati dall’illegalità finiscono sulle tavole degli italiani che, direttamente o indirettamente, contribuiscono a finanziare sistemi di produzione basati sullo sfruttamento. Riconoscerli è spesso troppo difficile per il consumatore, che comunque dovrebbe essere sempre responsabile ed informato. Altromercato, consorzio del commercio equo e solidale, ha dato il via al progetto Solidale Italiano, attraverso cui valorizzare e promuovere prodotti realizzati in Italia da cooperative ed altri produttori che operano nel rispetto dei loro valori e principi: legalità, trasparenza, prezzo equo e condizioni di lavoro corrette solo per citarne alcuni. Ad oggi hanno aderito produttori del sud ma anche del nord Italia, segno che il problema ma anche la soluzione si trovano tanto nel Mezzogiorno quando altrove. “I prodotti da agricoltura solidale e sostenibile crescono su terreni liberi dalla mafia, dallo sfruttamento e dal caporalato”, si legge nel progetto. Fra i prodotti solidali e italiani offerti vi sono pasta, legumi, salsa di pomodoro, miele, sottoli e sottaceti, vino e birra.

di Milena Monti