Sofia Corradi e la creazione del progetto Erasmus

Erasmus è un progetto di cambiamento al quale ha dato vita ed attuazione la fertile mente di una donna, Sofia Corradi,  quando, dopo essere tornata da un periodo di studi negli Stati Uniti, non si vide riconoscere dall’università italiana, presso cui frequentava il corso di Giurisprudenza, gli esami sostenuti all’estero. Era la fine degli anni ’50.
Il disappunto per quanto le veniva negato, fece nascere in lei la necessità di creare un sistema che permettesse a chiunque si recasse  all’estero nella qualità di studente, sostenendo dei regolari corsi di studio e degli esami, di ottenere un riconoscimento del lavoro svolto. Il meccanismo da lei prospettato era semplice: lo studente avrebbe dovuto presentare un piano di studi presso la propria facoltà in via preventiva, per ottenerne l’autorizzazione. Ottenuta l’approvazione, seguito il corso di studi estero, avrebbe dovuto poi presentare solo la documentazione necessaria, atta a dimostrare gli studi svolti e il superamento degli esami.
La sua fu un’idea vincente che, nel 1969, trovò un promotore in Alessandro Faedo, presidente della Conferenza permanente dei rettori delle università italiane, che presentò l’appunto, rivoluzionario, di Sofia Corradi ad una conferenza dei rettori a Ginevra.
L’idea di Europa, di scambio culturale, di crescita tra le nazioni, in uno spunto di grande portata, aveva trovato gambe, non solo in senso metaforico, per crescere, per valicare i confini.
L’aver trasfuso l’appunto nella legge 612/69, di riforma della università italiana,  determinò la svolta verso un’Italia aperta verso l’Europa e l’estero, con la conseguente spinta propulsiva verso le altre nazioni per l’accoglimento di questa trasformazione culturale.
Nacque il progetto Erasmus, il cui acronimo  European Region Action Scheme for the Mobility of University Students, indica proprio la possibilità per gli studenti di muoversi in Europa secondo uno schema che ne vede riconosciuto il lavoro, per il completamento del corso di studi.
di Patrizia Vindigni
Print Friendly, PDF & Email