Cercate chi era Giovanni Spampinato…

Il 27 ottobre 1972 moriva, ucciso da colpi di pistola, il giovane giornalista Giovanni Spampinato. La sua città, la stessa in cui trovò la morte, Ragusa, ne ha ricordato il cinquantesimo, con una lapide. Resta ignoto il movente che ha spinto il suo assassino a dargli un appuntamento per ucciderlo, per presentarsi subito dopo, spontaneamente alla polizia locale, dichiarandosi colpevole. Un omicida che ha scontato solo pochi anni di galera dei quattordici a cui fu condannato in appello.

Qualcuno potrà finalmente chiedersi e conoscere la storia di questo ragazzo che, con il suo intuito e la sua caparbietà, stava facendo emergere delle verità scomode,  in quel tempo.

Scomode perché nella provincia (babba (= stupida) per eccellenza, in Sicilia, per la sua sempre apparente tranquillità) sembra si muovessero personalità della destra reazionaria del tempo, tra cui Stefano Delle Chiaie, accusato di aver partecipato al Golpe Borghese (Junio Valerio Borghese)  del 1970. Stefano Delle Chiaie che, interrogato, dichiarò di non essere nemmeno presente, al tempo del Golpe, in Italia, a fronte di chi, invece, lo indicava come membro attivo del gruppo che voleva sovvertire il governo.

Giovanni Spampinato pare avesse trovato un filo conduttore che lo riportava sia agli ambienti di estrema destra, sia al figlio di un presidente di tribunale, che, in qualche modo, il giornalista pensava potesse conoscere delle verità sull’omicidio di Tumino. Un uomo ucciso nel febbraio del 1972, il cui omicidio, come quello di Spampinato, è rimasto, ancora oggi, senza un chiaro movente e senza nemmeno un soggetto accusato come esecutore del delitto.

Non possiamo immaginare, né prevedere, se su questi due delitti, forse legati tra loro, il cui autore o i cui autori, oggi, potrebbero anche essere non più viventi, si farà mai luce. Cinquant’anni sono già passati nel silenzio.

Il riconoscimento a Giovanni Spampinato e ai suoi familiari, del valore del giornalista, ricercatore di verità, era, però, un atto dovuto dalla collettività ragusana. E speriamo che di lui si parli, che nel vedere la sua lapide, qualcuno vada a ricercare il suo nome. Per non dimenticare un UOMO.

di Patrizia Vindigni

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