Spunti post voto. Analisi dei risultati elettorali
Gli italiani da almeno un decennio esprimono nelle elezioni politiche un profondo anelito di cambiamento. I cittadini italiani continuano, elezione dopo elezione, a bocciare l’attuale sistema dirigente politico, votando categoricamente per la forza in campo più promettente e radicale in tal senso. Vorrei leggere questo dato a partire dalle origini della tradizione politica in occidente, che si trovano in Platone, il quale, con grande chiarezza, connetteva l’interiorità personale dell’anima con la sua espressione per il bene comune della Polis. Per Platone era cioè cristallino il fatto che un sano impegno politico potesse venire solo da una trasformazione radicale dell’interiorità delle persone, nutrita e trasformata da quel Sommo Bene che il filosofo ateniese nei suoi scritti indicava spesso con il simbolo del sole, senza la cui luce tutto muore e tutto tace.
Queste sono le nostre radici, sono i nostri papà dimenticati che ci indicano la strada.
Alla luce di questi contenuti vorrei tentare di dire che a me pare che gli italiani da almeno dieci anni con il loro voto stiano a gran voce chiedendo un rivolgimento integrale del sistema che li governa, e questo grande anelito registrato nel voto credo sia un’emanazione declinata in senso politico della necessità interiore che tante persone, magari a partire dalle proprie crisi, avvertono di rinnovare radicalmente la propria vita, la propria società, la nostra cultura, riattingendo alle sue fonti e radici in un modo inaudito.
Renzi il Rottamatore, il Movimento 5 Stelle, la Lega di Salvini, non sono che volti diversi dello stesso anelito espresso dagli italiani nel voto e puntualmente, dai nostri politici, frustrato e tradito da una costante omologazione al paradigma dominante di gestione della Cosa Pubblica di stampo liberista il quale, nelle sue espressioni migliori, è ben conscio della propria profonda esigenza di rinnovamento radicale.
Sto cercando di dire che manca completamente un pensiero filosofico che possa fare da fondamento a un nuovo sistema teorico e pratico di politica di cui tutti sentono il bisogno ma che ancora tragicamente si afferma esclusivamente facendo sentire la propria assenza.
In queste elezioni, cioè, gli italiani continuano a dire due cose: l’attuale sistema è esaurito e completamente insufficiente; quindi cambiamolo, radiamolo al suolo, ripartiamo dalle fondamenta: questo mi dicono i dati più eclatanti del voto del 25 settembre: il 26% a Giorgia Meloni, il 37% di astenuti, il 9% in più del 2018; lo 0,6 % di Di Maio, il crollo verticale di Salvini e di tutti i propugnatori indefessi della continuità col precedente esecutivo.
Gli Italiani vogliono cambiare, e premiano, in Giorgia Meloni, la costante opposizione al sistema dominante nelle varie forme politiche assunte nelle ultime legislature, almeno a partire dal 2012. Meloni, che porta clamorosamente al governo del paese la lunga tradizione del post-fascismo nata con l’Msi di Almirante, è l’ultima proposta “anti-sistema” interna al Sistema da verificare, e viene scelta dagli italiani per fare bene in questa complessa congiuntura storica, e per attuare un rinnovamento radicale.
C’è da chiedersi, in fine, se tale rivolgimento radicale sia nelle corde di un partito come FdI, di una leader come Giorgia Meloni, e la mia riposta, per quel poco che può valere, è assolutamente no.
Meloni è una politica interna allo stesso Sistema che gli si chiede di cambiare, che ragiona con lo stesso paradigma di pensiero economico, ed è emanazione di una storia politica che in Italia è la parte più estrema del Sistema politico, e quindi pur sempre parte del sistema politico, ormai da quasi cento anni.
di Giacomo Fagiolini