Chi troppo chi niente

In pochi hanno troppo. In tanti hanno niente. I ricchi e super ricchi, sono una percentuale bassissima della popolazione. I poveri sono una percentuale altissima della popolazione mondiale. Ma quei pochi ricchi e super ricchi detengono  quasi tutta la ricchezza del pianeta, e se la tengono stretta. Affamano intere popolazioni. Non conoscono il concetto cattolico ripetuto più volte da Papa Francesco di redistribuire la ricchezza affinché tutti abbiano di che mangiare, curarsi e andare a scuola. Un concetto di solidarietà sociale che i ricchi non percepiscono nelle loro coscienze, eppure quasi tutti di quei ricchi e super ricchi, vanno in chiesa, si confessano, fanno la comunione e leggono anche i salmi. Ma non condividono con il loro fratelli più poveri neanche una briciola della loro immensa ricchezza. La disuguaglianza che loro stessi generano è il fondamento del loro arricchirsi.

L’economia del capitale e del mercato, strozza l’economia sociale, la recide già nelle radici. Emanuele Ferragina nel suo libro “Chi troppo chi niente” scrive che: “le disuguaglianze deprimono l’economia…esistono infatti svariate forme di disuguaglianza, e prima di discutere le politiche concrete che potrebbero contribuire a ridurle è necessario comprendere fino in fondo le molteplici sfumature del concetto. Le disuguaglianze di declinano su tre livelli: quello del trattamento, quello delle opportunità, è quello della condizione. La disuguaglianza di trattamento si manifesta nell’assenza di condizioni paritarie di accesso alla giustizia, nelle relazioni tra generi e generazioni, nella mancanza di diritti agli immigrati, nel controllo inadeguato dell’evasione fiscale. La disuguaglianza di opportunità si ritrova nella chiusura degli ordini professionali, nella difficoltà di accesso al mercato del lavoro, nella difficoltà di ottenere finanziamenti per una nuova impresa. La disuguaglianza di condizione si evidenzia nei diversi trattamenti che lo Stato riserva a cittadini che dovrebbero essere uguali”. Le disuguaglianze producono povertà, negano l’accesso al lavoro, alla salute, alla istruzione, di fatto generano una umanità ridotta in schiavitù. Il capitalismo, scrive Thomas Piketty, ha polarizzato la ricchezza nelle mani di pochi. Chi detiene il capitale continua ad accumulare ricchezza a spese di chi vive di lavoro. Per l’economista francese la soluzione è la tassazione delle rendite e del capitale che avvìi una redistribuzione delle ricchezze. Ormai tutti gli economisti concordano nel dire che l’aumento del Pil non determina alcun miglioramento sulla miseria sociale e sulle povertà, che anzi si è molto aggravata negli ultimi decenni. 

In questo panorama egoistico che emargina invece di includere, le associazioni cattoliche lanciano molte campagne di equità e uguaglianza sociale. Le Acli ad esempio, hanno iniziato una campagna nazionale “Nessuno escluso. Insieme per ridurre le disuguaglianze, eliminare la povertà e per riconciliarci con il futuro”. Il focus della mobilitazione è la lotta alle disuguaglianze e alla povertà come presupposto per uscire dalla crisi. Il  loro incontro nazionale di studi, lo hanno intitolato “Giustizia e pace si baceranno. Ridurre le disuguaglianze per animare la democrazia” e dicono in maniera molto forte che la disuguaglianza che cresce tra le gli uomini e le donne è insopportabile. Se per pochi la qualità della vita offre opportunità di benessere inimmaginabili, molti altri combattono, anche tra loro, per raggiungere una condizione umana dignitosa. Nel mondo questo squilibrio, originato da sistemi economici ingiusti e processi politici insensibili, è aggravato da derive neoliberiste, terrorismo internazionale, finanza priva di etica, disastri ambientali, conflitti disumani. C’è una continua dispersione sociale che impoverisce la nostra coscienza di popolo e mina le basi per una reale partecipazione democratica dei cittadini. I più deboli sono i primi a pagarne le conseguenze.

di Claudio Caldarelli

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