La sfida decisiva

Dall’India si guarda il mondo da una prospettiva diversa da quella europea. 

Direi che si osserva un po’ meglio, in un modo un po’ più ampio. 

Lucio Caracciolo, direttore di Limes, in un recente intervento diceva che l’Europa è un’aiuola attorniata dalla giungla, e che più prima che dopo se ne accorgerà, ce ne accorgeremo. 

Da qui, da fuori dall’aiuola, questo appare in tutta la sua evidenza. 

Sulla terra ci sono 8 miliardi di persone. 

Tra queste noi europei rappresentiamo solo una piccola porzione, un po’ più vasta se aggiungiamo anche l’impero di cui siamo satelliti, gli Stati Uniti. 

Tutti gli altri, gli altri 6 miliardi di persone circa, appartengono a culture, paesi, tradizioni, che hanno preso quello che gli serviva dal capitalismo americano e poi ci hanno voltato le spalle come si fa con la carcassa di un animale che sta marcendo. 

Tutti questi popoli vivono in stati anche molto diversi tra loro, che hanno tuttavia in comune l’essere governati da forti autocrazie, spesso religiosamente connotate, dove la democrazia, se c’è, non è che un fantoccio o una pagliacciata, come del resto ormai anche in Occidente. 

La Democrazia nacque in Grecia a cavallo tra VII e VI secolo a. C. 

Nacque in una piccola città chiamata Atene. 

Ad Atene accadde che i clan e i casati più ricchi e prestigiosi della regione decisero di rinunciare al proprio potere, rimettendolo nelle mani di saggi legislatori come Solone, che svilupparono una forma di governo senz’altro imperfetta, parziale, piena di difetti, al cui cuore c’era tuttavia l’idea che il Potere (Kratos) dovesse essere gestito direttamente dal Popolo (Demos). 

Era senz’altro un mondo, quello greco antico, pieno di contraddizioni, ingiustizia sociale, limiti enormi che oggi troveremmo insopportabili. Tuttavia lo spirito di fondo ateniese era quello di voler dar vita ad un governo equo, giusto, dove ogni uomo, anche se poverissimo, potesse parlare in assemblea, e potesse offrire il suo contributo al governo della Città.  

In questo contesto imperfetto e pieno di fragilità e difetti nacquero, nel giro di 200 anni, alcuni tra gli spiriti più prodigiosi di tutta l’umanità: nacquero Socrate, Platone, Eschilo, Sofocle, Euripide, Aristotele, Demostene, Fidia, Lisippo e molti altri. 

Il mondo antico si accorse della potenza di questa idea, dell’idea democratica, quando la libertà greca venne difesa con vittorie leggendarie dal tentativo di quasi scontata annessione da parte dell’Impero persiano, nel V secolo a. C. 

Gli ateniesi sconfissero il re Achemenide Dario a Maratona nel 490 a. C. grazie al folle e geniale comando di Milziade, e dieci anni dopo a Salamina, sotto la guida di Temistocle, dopo che gli spartani avevano prima fermato per tre giorni l’invasione via terra delle truppe di Serse alle Termopili, e prima che le sconfiggessero definitivamente nel 478 alla guida di una coalizione panellenica nella battaglia di Platea. 

Dobbiamo tuttavia dirci molto chiaramente che l’idea democratica, al centro della vita politica occidentale da almeno 300 anni, che l’Occidente ha tentato di esportare in modo assai discutibile nell’ultimo secolo nel mondo, sta morendo se non è già morta. 

Di fatto in Occidente le democrazie sono in una crisi terminale. Sappiamo già che le decisioni vere le prende l’economia e ancora di più la Tecnica che la guida, tanto che lo storico Harari, in una recente intervista, ha parlato, nei prossimi decenni, di uno scenario possibile dove i politici umani svolgeranno nei confronti della Tecnica e degli algoritmi la funzione che oggi nei confronti dei governi svolgono i rimasugli delle antiche monarchie. 

In Russia, Cina, India, Turchia, Africa, vari paesi sudamericani, si sperimentano autocrazie che stanno ormai persino sfacciatamente togliendo la maschera democratica. 

Il futuro, tra 100, 150 anni, appare francamente chiaro ed inevitabile: un’umanità integralmente controllata dalla Tecnica, dagli algoritmi, delle AI, ormai svincolate ed egemoni anche nei confronti dello stesso capitalismo economico che le ha prodotte e perfezionate. 

Di fronte a questo esito io non sono negativo e nemmeno spaventato. Anzi. 

Ho una visione positiva della storia, mi pare evidente che l’umanità sia riuscita a costruire miglioramenti lampanti e miracolosi nel corso dei secoli.

Sono certo che la Tecnica sarà un dominatore che saprà apportare risultati ancora più sconvolgenti, positivi e sorprendenti. 

Tuttavia credo che il discorso da un punto di vista spirituale e umano sia molto serio e si faccia pressante. 

Il discorso centrale del prossimo millennio mi pare questo: o riusciremo ad estrarre il meglio dalle culture umane, da quella europea, asiatica, medio-orientale, islamica, cinese, indiana, occidentale-scientifica, e riusciremo a costruire un credibile nuovo paradigma di umanità che sia all’altezza dei migliori sviluppi delle nostre millenarie sapienze, orientali come occidentali, essendo capaci di realizzare tali contenuti nelle vite delle persone concrete, e quindi di orientare ed umanizzare i processi che vivremo, oppure trionferà una Tecnica senza volto e senza senso, che ci ridurrà a dati manipolabili e ci disumanizzerà, isterilendo e impoverendo la vita umana riducendola a un materialismo nichilista cieco senza alcuno scopo e speranza. 

Per questo creare aggregazioni di senso, creare reti di relazioni solide ed arricchenti, offrire strumenti spirituali agli umani e contesti comunitari sani in cui sperimentarli, come afferma Papa Francesco nell’ultimo sinodo e come con umiltà e onestà Italia Solidale tenta di fare in Italia, Africa, India e Sud America, è, credo, Il Lavoro fondamentale per sviluppare, con fiducia e molta pazienza, la nuova sintesi culturale che ci serve per restare umani nei prossimi mille anni.  

(In foto Gesù Cristo seduto come un Buddha, scultura trovata qui a Bangalore).

Giacomo Fagiolini 

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